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Partinico, il business delle piantagioni di marijuana: 12 condanne, oltre 120 anni di carcere - FOTO

Le due operazioni Gordio del 2021: un ruolo centrale avrebbe avuto la collaboratrice di giustizia Giusy Vitale, poi esclusa dal giudizio

Tredici condanne e due assoluzioni, oltre 120 anni di carcere complessivi al processo sul business delle piantagioni di marijuana a Partinico. Un affare all’ombra della cosca dei Vitale Fardazza e che nel luglio del 2021 era stato al centro di due maxi-operazioni dei carabinieri e della Dia, con un centinaio di indagati per coltivazione e traffico di stupefacenti. Adesso la seconda sezione del tribunale di Palermo, presieduta da Vincenzo Terranova, al termine di 14 ore di camera di consiglio, conclusa nella notte tra mercoledì e ieri, ha pronunciato il verdetto di primo grado, escludendo per gli imputati l’aggravante di mafia ma infliggendo pesantissime condanne per traffico di droga.

Nel dibattimento ordinario, denominato Gordio, non ci sono stati gli sconti di pena previsti per l’abbreviato. Le pene più alte sono state inflitte a Nicola Lombardo e Nunzio Cassarà, che dovranno scontare entrambi 21 anni. L'elenco prosegue con Giuseppe Tola e Santo Calandrino (per entrambi 4 anni e due mesi in continuazione), Pietro Canori (9 anni in continuazione e 60 mila euro di multa), Salvatore Lo Biundo (otto anni e 4 mesi in continuazione e 37 mila euro), Margherita Parisi (12 anni in continuazione), Calogero Sicola e Roberto Lunetto (10 anni a testa), Agostino Arancio (5 anni e 6 mesi e 26 mila euro) Claudio Bommarito (10 anni), Roberta La Fata e Tiziana Vaccaro (6 anni e 8 mesi per entrambe). Sono stati assolti Leonardo Zanca e Giuseppe Gaglio, difeso dall’avvocato Diego Di Stefano e per il quale erano stati chiesti 15 anni. Le indagini, coordinate dall’allora procuratore aggiunto Salvatore De Luca e dai pm Dario Scaletta, Alfredo Gagliardi e Bruno Brucoli, si erano concentrate su cinque gruppi impegnati a gestire i traffici di droga da Partinico al Trapanese, con contatti in grado di far arrivare la cocaina attraverso fornitori calabresi o uomini del clan romano dei Casamonica.

Nell'inchiesta era finito anche il nome di Giusy Vitale, che, dopo gli arresti dei fratelli capimafia detti Fardazza, avrebbe fatto da reggente del mandamento e poi era passata a collaborare con la giustizia. Ma la donna non è entrata in questo processo giunto a sentenza. Due dei gruppi al centro degli accertamenti sarebbero stati guidati da Nicola Lombardo e Nunzio Cassarà. I traffici erano notevoli, così come emerso anche grazie alle intercettazioni: «...Ma chi? Qui a Roma sono venuti a caricare 120 chili di cocco a Roma... i partinicoti». «... Mi aveva detto che mi portava 40 mila euro e mi ha detto giovedì» «domani... 15 pacchi non glieli posso bloccare... 700 mila euro di coca...». Non solo parole, però. Il 10 ottobre 2018, ad esempio, nelle campagne di Partinico, in contrada Suvaro, era stato scovato un sito di stoccaggio usato per essiccare «una gran quantità di marijuana, e subito dopo, in contrada Milioti, una vasta piantagione di circa 3.300 piante di cannabis indiana, nonché due capannoni dove era in essiccazione un altro ingente quantitativo di marijuana. Complessivamente - dissero gli investigatori - circa sei tonnellate di sostanza stupefacente, in parte già pronta per essere immessa nel mercato».

Giusy Vitale

Nel corso delle indagini era emerso come gli organizzatori delle piantagioni utilizzassero anche terreni abbandonati per fare crescere le piante di canapa indiana. A Partinico pure un parente andato all’estero poteva trovare, al suo ritorno, una piantagione nella sua campagna. «Dobbiamo levare qua tutte le cose, che è venuto mio cugino dalla Svizzera», aveva rivelato in un’intercettazione uno degli indagati.

Gli investigatori avevano registrato alcuni incontri nell’ufficio di Giuseppe Tola, un’agenzia immobiliare, anche per discutere di droga. Tra le riunioni ce n’era stata una con Nunzio Cassarà «All’interno dell'agenzia immobiliare - avevano detto gli investigatori - veniva documentato un incontro tra Cassarà e Tola (in funzione di mediatore) con tale “Giuseppe”, proveniente dalla provincia di Trapani (venivano rilevati elementi per ipotizzarne l’operatività su Marsala), interessato all’acquisto di un ingente quantitativo di marijuana. La contrattazione veniva condotta da Cassarà e moderata da Tola, promotore dell’incontro tra le parti». A Partinico, antico feudo mafioso, erano emerse forti tensioni dai vari gruppi criminali interessati al business degli stupefacenti. Secondo i magistrati, i cinque gruppi criminali apparivano «sempre in procinto di farsi la guerra per i contrastanti interessi nel traffico illecito di droga». Era stato documentato un equilibrio fragilissimo del mandamento, oltre che il timore di conflitti a colpi di armi da fuoco.

Un capitolo dell’inchiesta, inoltre, aveva riguardato i favori che i detenuti potevano ottenere durante la detenzione in carcere di Pagliarelli, dove grazie ai servizi di un agente della polizia penitenziaria nelle celle arrivava un po' di tutto: dall’olio alle cartoline con gli auguri. L'agente avrebbe offerto anche preziose informazioni sulla presenza di microspie e avrebbe girato messaggi all’esterno. In cambio avrebbe ricevuto generi alimentari e dolci, abiti e capi d’abbigliamento non facili da reperire.

 

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