Lo stupro di gruppo, il video di quella notte smentisce le tesi difensive: non c'era consenso la tenevano anche per i capelli
Il processo minorile è teoricamente meno severo di quello ordinario, riguardante imputati maggiorenni: e allo stato attuale Riccardo Parrinello - oggi diciannovenne, ma il giorno dello stupro ancora di 17 anni e 11 mesi - pur venendo giudicato col rito riservato ai minorenni, ha riportato una pena superiore rispetto agli altri componenti del branco. In attesa di conoscere le motivazioni della decisione della seconda sezione del Tribunale sui sei «correi», si possono fare solo ipotesi sulle ragioni che hanno portato il collegio presieduto da Roberto Murgia, a latere Claudia Camilleri e Davide Pavesi, a fissare la pena più alta in sette anni (a Elio Arnao, Gabriele Di Trapani, Angelo Flores, Christian Maronia), dando 6 anni e 4 mesi a Cristian Barone e 4 anni a Samuele La Grassa. Pene di fronte a cui stridono, in apparenza, gli otto anni e otto mesi inflitti a Parrinello - sempre col rito abbreviato - anche in appello, prima dal Gup Maria Pino (che aveva aumentato di 8 mesi la pena rispetto alla richiesta del pm) e poi dalla Corte per i minori, presieduta da Giovanni D’Antoni. Un ragionamento basato solo sul dispositivo porta a escludere che il tribunale ordinario abbia emesso una valutazione «generosa»: senza lo sconto di un terzo, previsto per il rito alternativo, i sette anni sarebbero stati dieci, i 6 e 4 mesi nove, i 4 sette. Difficile pensare poi all’accoglimento della tesi sul presunto consenso della vittima, durante quello che qualcuno, dentro e fuori l’aula, ha definito «un gioco erotico»; consenso che sarebbe stato poi revocato, nel corso del «gioco», da Asia. Contro questa tesi cozzano quelle che si chiamano «emergenze processuali», uguali in entrambi i processi: Parrinello «fu il primo ad aprire le danze», si legge nella sentenza di appello, scritta dal relatore Pietro Pellegrino, mentre un altro ne approfittava per prendere da dietro «la povera Asia, di fatto immobilizzata e tenuta per il capo». Il «consenso» si scioglie come neve al sole di fronte «alle ritrazioni fotografiche, mutuate dalle riprese effettuate dal coimputato Flores, opportunamente scaricate dai carabinieri». Parrinello iniziò dunque quella che i giudici definiscono una «bestiale azione di gruppo». Ci sono poi gli audio del filmato, anch’essi chiarissimi: di fronte alle urla della ragazza, sempre l’allora minorenne le diede un ceffone sul seno, facendola gridare ancora di più. E un altro dei violentatori commentò (la voce si sente sempre nel video): «Minchia, chi pigghiò un palu i piettu?». C’è poi il messaggio vocale mandato da Flores a un amico: «Ieri sera se ci penso mi viene un po’ lo schifo, perché eravamo 100 cani su una gatta... eravamo troppi... si è sentita pure male, si toccava là sotto piegata a terra, “ahi ahi, chiamate l’ambulanza”. Ma va c... a minchia, l’abbiamo lasciata lì e siamo andati via». Fra tutti, Barone, anche se in extremis, è stato l’unico a chiedere scusa alla vittima, rendendo dichiarazioni spontanee subito prima che i giudici si ritirassero in camera di consiglio: a lui sono toccati otto mesi in meno rispetto agli altri. Mentre La Grassa ha avuto 4 anni, perché fu l’unico a non fare sesso. Agli altri solo una pena inferiore rispetto alle richieste del pm, forse perché giovani e incensurati. E con una chance da giocarsi nel resto della vita, anche se la sentenza «mite» li ha interdetti in perpetuo dai pubblici uffici.