Palermo

Giovedì 21 Novembre 2024

I consulenti di Termini Imerese sulla strage a Casteldaccia: «Amap non fece i dovuti controlli»

Vigili del fuoco, sanitari e inquirenti sul luogo del tragico incidente sul lavoro a Casteldaccia (Palermo), 06 maggio 2024. E' di cinque morti e due intossicati, uno dei quali in gravi condizioni, il bilancio definitivo della strage sul lavoro avvenuta a Casteldaccia./////Firefighters, medical workers and investigators at the site of the tragic workplace accident in Casteldaccia, near Palermo, Sicily island, southern Italy 06 May 2024. The final toll of the workplace massacre which occurred in Casteldaccia is five dead and two intoxicated, one of whom is in serious condition.ANSA/IGOR PETYX

I cinque operai morirono all’istante, subito dopo avere inalato il gas tossico, ma lo scorso 6 maggio la strage di Casteldaccia sarebbe stata la diretta conseguenza di una serie di inadempienze, omissioni e di procedure irregolari, in alcuni casi anche del tutto mancanti. A compierle, Amap e le due ditte a cui la società partecipata del Comune aveva affidato i lavori per la manutenzione nella vasca dell’impianto e dell’intero condotto fognario tra il bar Casetta Bianca e la stazione di sollevamento Vini Corvo. Non hanno dubbi, i consulenti tecnici nominati dai pm della Procura di Termini Imerese, Elvira Cuti e Giacomo Barbara: gli esperti hanno depositato la loro relazione, con cui viene fatta chiarezza sulle cause che, a loro avviso, provocarono la tragedia. I due professionisti torinesi Ivo Pavan, docente universitario di Chimica industriale, e l’ingegnere chimico Maurizio Onofrio, sulla base degli atti esaminati, ritengono che tutta la mole di informazioni e prescrizioni riportate da Amap «nei suoi documenti della sicurezza, per i lavori in ambienti confinati e sospetti di inquinamento, non sia stata trasmessa alla società subappaltante (Tek Infrastrutture Srl) e alla società subappaltatrice (Quadrifoglio Group Srl). La causa di questa mancata trasmissione di informazioni va forse ricercata nella mancata stesura del piano di sicurezza e di coordinamento, dalla mancata nomina del coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione e dal fatto che la stessa Amap disattende anche la propria istruzione di sicurezza Isl 04». Gli indagati, con l’accusa pesantissima di omicidio colposo plurimo in concorso con l’aggravante della violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, sono Gaetano Rotolo, il direttore dei lavori dell’Amap, che è la società committente; Giovanni Anselmo, l’amministratore unico della Tek di San Cipirello; e Nicolò Di Salvo, contitolare della Quadrifoglio, che aveva ottenuto la commessa da 100 mila euro in subappalto. I consulenti hanno sottolineato che «l’ente committente Amap, la società subappaltante Tek e la subappaltatrice Quadrifoglio, sul piano documentale (documenti di valutazione del rischio, mappatura dei luoghi confinati, istruzioni di sicurezza sul lavoro e piani operativi di sicurezza presentati), rispondono ai dettati legislativi e i loro documenti riportano, sulla carta, tutte le informazioni necessarie per lo svolgimento di lavori in ambienti confinati o sospetti di inquinamento», ma in realtà «nessuna delle tre società applica in modo corretto quanto riportato nei loro stessi documenti della sicurezza». Alla domanda se la ditta appaltatrice e la subappaltatrice fossero in possesso dei requisiti e dei mezzi necessari per calarsi nel pozzo dove poi hanno trovato la morte i cinque dipendenti, Pavan e Onofrio hanno risposto in maniera netta: «Tek e Quadrifoglio Group Srl non erano e non sono in possesso dei requisiti e dei mezzi necessari per lo svolgimento dei lavori all’interno dell’impianto di sollevamento fognario Vini Corvo a Casteldaccia e non sono società qualificate». I due esperti hanno anche puntualizzato che l’Amap non avrebbe verificato «l’idoneità» delle ditte per «l’attività in ambienti confinati o sospetti di inquinamento», così come nessuno di quelli che erano stati chiamati sul posto era preparato ad affrontare quel tipo di intervento. «Gli operatori della Tek e della Quadrifoglio - è un altro passaggio della relazione tecnica richiesta dalla Procura - non hanno ricevuto una formazione specifica» per fronteggiare l’emergenza «dal conseguente rischio chimico che da esso può generarsi con la formazione e liberazione di acido solfidrico come gas»

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