Lo spaccio di crack in presa diretta grazie a telecamere e microfoni piazzati dagli investigatori nel fortino dello Sperone. Una frenetica attività di smercio di droga organizzata su due turni di lavoro (dalle 8 alle 18 e dalle 18 alle 2 di notte) che ha consentito a due gruppi criminali di incassare sino a 50 mila euro al mese. L'affare è stato ricostruito dai poliziotti del commissariato di Brancaccio, che ieri hanno fatto scattare un blitz con diciotto arresti. L'ordinanza di custodia cautelare è stata firmata dal gip Fabio Pilato su richiesta dei magistrati della Direzione distrettuale antimafia. In 17 sono chiamati a rispondere dell'accusa di associazione a delinquere finalizzata allo spaccio, uno solo di smercio di stupefacenti. Molti di loro hanno numerosi precedenti penali e, nonostante arresti e sequestri effettuati nel tempo, non hanno esitato a tenere in vita il business.
A capo delle bande, secondo gli inquirenti, ci sarebbero stati i fratelli Fabio e Santo Cordova di 40 e 45 anni, da un lato, e Benito Chiovaro di 49, dall’altro. Due gruppi con base operativa nella zona dei cosiddetti cancelli, un grande complesso condominiale tra le via Mariano Campo e Pecori Giraldi, pronti a collaborare. Con loro sono stati arrestati, Samuele Imparato di 26 anni, Girolamo Fazio di 34, Daniele Amato di 30, Domenico Zora di 47, Vincenzo Zora di 38, Andrea Di Salvo di 31, Stefano Cordova di 22 anni, Domenico Schillaci di 45, Giovanni Cricchio di 26, Vincenzo Sangiorgi di 50, Emanuele Chiovaro di 32 anni, Antonino Malleo di 40 , Salvatore Zora di 24, Fabio Mustacciolo di 40 e Salvatore Zora di 43 anni. Le indagini, condotte con sofisticate tecnologie e intercettazioni video e audio di alta qualità, hanno documentato migliaia di episodi di spaccio di crack tra il 2020 ed il 2022, in un quartiere della città ad alta densità criminale dove il business della droga per molti è un lavoro a tutti gli effetti. Un affare organizzato con metodi certosini, con rigidi ruoli per ogni componente e vedette pronte a dare l'allarme in caso di presenze sospette. Ma gli agenti sono riusciti a bucare il fortino protetto da grandi cancelli e a dare impulso agli accertamenti.
Gli investigatori hanno sequestrato a più riprese centinaia di dosi di crack e cocaina, hanno individuato gli acquirenti giunti da diversi quartieri dalla città ma anche dai paesi del Palermitano e da altre province. A testimonianza di come la piazza dello Sperone sia una delle più grandi del Mezzogiorno d'Italia. «Le organizzazioni criminali contavano sulla collaborazione di due gruppi familiari che per il comune profitto agivano in pieno accordo e sono ritornati a farlo, nel nome di una rinnovata pax criminale, anche dopo alcune incomprensioni che avevano provocato una fase di tensione, sfociata nel pestaggio dell’esponente di una delle due famiglie - spiegano i poliziotti -. Nei pressi di uno dei box condominiali, considerato epicentro di spaccio e luogo di transito giornaliero per decine di automobilisti acquirenti che sostavano pochi secondi per realizzare un take away del crack, i pusher avevano anche approntato una rivendita illecita di bibite, allo stesso tempo lucrosa attività collaterale e diversivo che avrebbe potuto giustificare la presenza di tanti clienti in realtà giunti in quella parte di Sperone non per bere ma per droga». La centrale è stata individuata nel box-bettola contrassegnato dal numero 74.
Secondo il gip Fabio Pilato, l’inchiesta è la spia di un grande allarme sociale «suscitato dalla gravità dei fatti, del grande numero di cessioni monitorate, attuate quotidianamente e senza soluzione di continuità, sintomatico di un alto profilo criminale degli indagati coinvolti e della tipologia di sostanza stupefacente oggetto di cessione (crack), che per la composizione e le modalità di preparazione, è da considerarsi tra le sostanze stupefacenti in assoluto più dannose e pericolose per la salute, nonché tra le più tossiche a causa dell’elevato grado di dipendenza che ne deriva». Ma c’è di più. Il giudice sottolinea la «pervicacia criminosa derivante dall’ostinazione manifestata nel persistere negli illeciti comportamenti, anche dopo i ripetuti arresti dei sodali. Gran parte degli indagati hanno precedenti penali, per alcuni gravissimi o numerosi, oppure ancora specifici in tema di stupefacenti. La condotta criminosa che esprimono fa emergere uno stile di vita e una dedizione di tipo professionale allo spaccio». Secondo l’accusa, gli indagati hanno dimostrato «concrete capacità organizzative, carattere di normalità e di continuità delle attività di spaccio».
Il giudice scrive che «l’indagine si contraddistingue per l’uso intensivo dell’attività di registrazione video e per l’eccellente qualità delle riprese che hanno immortalato in presa diretta tutte le fasi di attuazione del programma criminoso. Anche i dialoghi tra gli indagati sono molto chiari ed eloquenti. Ulteriori riscontri, a sostegno dell'ipotesi accusatoria, sono emersi dalle intercettazioni telefoniche nei confronti di alcuni indagati, che hanno permesso di acquisire elementi estremamente utili sia per la ricostruzione delle dinamiche operative del sodalizio, sia per la dimostrazione dci singoli reati». Alcuni degli acquirenti, fermati e ascoltati dagli investigatori, hanno ricostruito le modalità dell'acquisto delle dosi e, soprattutto, hanno riconosciuto in sede di individuazione fotografica moltissimi degli indagati come gli abituali venditori delle sostanze stupefacenti.
Ieri, il sindaco Roberto Lagalla esprime soddisfazione per l'operazione allo Sperone: «Rivolgo il mio plauso e il mio ringraziamento alla polizia e al questore, oltre che ai magistrati della Dda. Si tratta di un colpo importante inferto alle organizzazioni che fanno affari soprattutto sulla pelle di molti giovani e che segna ancora una volta la presenza delle forze dell’ordine e dello Stato sul territorio.
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