«Palermo una città feroce e senza occhi»: l’atto d’accusa del pm Laura Vaccaro al processo sullo stupro di gruppo
Ha parlato di Palermo come di una città senza occhi, indolente e feroce la procuratrice Laura Vaccaro, ieri, nel corso della requisitoria che si è tenuta a porte chiuse nel processo sullo stupro di gruppo avvenuto al Foro Italico di Palermo nel luglio dello scorso anno e che vede imputati sei giovani (l’altro, un minorenne è stato già condannato in primo grado). La procura ha chiesto per cinque imputati la pena di 12 anni di reclusione e per un sesto 10 anni e 8 mesi. «Nessuna delle persone presenti nei luoghi della movida palermitana, la notte del 7 luglio 2023, si è fatta avanti», ha detto la procuratrice che ha messo in luce il degrado, la sconcertante pochezza umana e culturale, gli stereotipi e i pregiudizi che hanno caratterizzato e reso drammatica la vicenda. Vaccaro ha fatto riferimento al repertorio della vittima perfetta, che per essere tale deve corrispondere al mito dello stupro. Ha ribadito che la colpa non è mai della vittima, ma degli stupratori. Ha parlato non di gruppo, ma di un branco che ha agito senza umanità, e di battuta di caccia. Nel corso della requisitoria ha sottolineato i forti elementi di vittimizzazione secondaria che hanno provocato ulteriori sofferenze alla persona offesa e ha posto l’accento sull’uso delle parole, che non hanno solo un significato, ma anche un significante, ricordando tutte le occasioni nelle quali la persona offesa viene chiamata solo con il nome, privandola del suo cognome. La procuratrice ha terminato con le parole di Tina Lagostena Bassi: «Noi chiediamo giustizia». Secondo la procura, gli imputati «agirono con brutalità contro la ragazza e per questo motivo vanno condannati». La Procura ha invocato pene severe per i sei componenti del branco accusati dello stupro di gruppo della giovane di 19 anni, abusata per oltre un’ora, nel cantiere abbandonato del Foro Italico. Il processo si svolge col rito abbreviato, che prevede una riduzione di un terzo della pena. Le richieste, avanzate dal procuratore aggiunto Laura Vaccaro e dai sostituti Mario Calabrese e Monica Guzzardi sono state di dodici anni di carcere ciascuno per Angelo Flores, Gabriele Di Trapani, Cristian Barone, Christian Maronia ed Elio Arnao mentre per Samuele La Grassa, l’unico che ha scelto di non essere interrogato in aula e che avrebbe solo assistito alla violenza, la richiesta è stata leggermente inferiore, 10 anni e 8 mesi. Ma per l’accusa «avrebbe condiviso il progetto criminale del gruppo». La Grassa aveva negato di avere fatto sesso con la ragazza ma per la Procura non cambierebbe moltissimo, visto che lui ha assistito e sostenuto gli altri durante gli abusi. Per la violenza sessuale il Gup del tribunale dei minorenni, Maria Pino, ha già condannato a 8 anni e 8 mesi Riccardo Parrinello, che ha compiuto la maggiore età dopo che fu commesso il reato. All’inizio era stato affidato a una comunità, ma successivamente era stato nuovamente rinchiuso al Malaspina per avere pubblicato commenti sui social e video in cui quasi «rivendicava» ciò che era successo, come se quella storia gli avesse conferito prestigio. A suo carico anche una chat in cui ammetteva con un amico che la giovane non era consenziente. Durante la lunga requisitoria di ieri, i pubblici ministeri hanno ripercorso tutti i momenti di quella notte, da quando i ragazzi si incontrarono alla Vucciria con la vittima fino al momento in cui la abbandonarono dalle parti della Cala, dove il suo ex fidanzato poi la recuperò. A incontrarla nel quartiere del centro storico, tradizionale zona della movida della città, sarebbe stato Flores, quindi sarebbero arrivati gli altri e, a quel punto, dopo due cocktail, sette cicchetti e qualche spinello, l’avrebbero portata al Foro Italico. I sistemi di videosorveglianza immortalarono i sette che si incamminavano verso quella zona buia e appartata, la stessa dove poi venne aggredita e abusata sessualmente. Durante il tragitto, la giovane avrebbe cercato aiuto senza però riuscire ad attirare l’attenzione dei passanti. Mentre la violentavano a turno, Flores avrebbe ripreso la scena con il telefonino. «Ho gridato “basta”, basta, ma loro ridevano. “Tanto ti piace”, mi urlavano», aveva riferito la ragazza ai carabinieri. Dopo lo stupro era stata rivestita e lasciata in strada: due donne l’avevano soccorsa e avevano chiamato il fidanzato che l’aveva portata in ospedale. Amareggiato l’avvocato di parte civile, Carla Garofalo, che assiste la ragazza, oggi ventenne: «A me dispiace molto che questi giovani rischino una condanna molto alta, ma chi sbaglia paga. Si sono rovinati con le loro mani». Il legale ha poi ribadito «che nessuno di loro ha mai speso una parola per avere il perdono da parte della vittima. Sono poi intervenute anche le altri parti civili ammesse nel processo: l’associazione Millecolori, Dire, Le Onde e Biblioteca delle Donne, Insieme a Marianna Aps, Associazione contro tutte le violenze, La Casa di Venere e il Comune. La prossima udienza è prevista per il 4 ottobre con la replica dei difensori degli imputati, i quali sostengono che non ci sarebbe stata violenza sessuale: secondo loro a organizzare tutto sarebbe stata la diciannovenne, la quale avrebbe perfino gradito le avance, mettendosi alla testa della comitiva.