Palermo

Sabato 23 Novembre 2024

«Gli ho detto lasciami, sono una bambina»: il drammatico racconto della quattordicenne abusata a Palermo

«Ricordo che mentre stavamo ballando, vedevo un ragazzo e lo salutavo: Ciao, ma tu chi sei? Ho bevuto tantissimo. Dopo di che ci baciavamo, lui mi prendeva per mano e senza forza mi portava sugli scogli. Gli ho detto che ero una bambina e gli ho chiesto di non fare nulla. Non avevo la capacità fisica né mentale per oppormi». Sono le drammatiche dichiarazioni della ragazzina di 14 anni che ha denunciato di essere stata violentata sulla scogliera dell’Addaura, nella notte tra il 13 e il 14 luglio. Una brutta storia su cui ci sarebbero ancora alcuni punti oscuri da chiarire. Nel frattempo il tribunale del Riesame ha affievolito le esigenze cautelari nei confronti del giovane di 19 anni, indicato dalla presunta vittima come il suo aggressore. Il collegio presieduto da Annalisa Tesoriere ha stabilito che S.M., assistito dall’avvocato Pietro Capizzi, può lasciare gli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico, a cui era stato sottoposto in questi mesi, ma non lo ha liberato: ha sostituito il provvedimento con la misura più lieve dell'obbligo di dimora a Monreale, dove l’indagato abita, dalle 20,30 alle 7. Era stato il papà della minorenne a presentarsi in caserma, poi i carabinieri della compagnia di San Lorenzo e di Partanna Mondello avevano sentito i protagonisti della vicenda. Accompagnata da una coetanea e da due sedicenni, era entrata in un locale notturno dell'Addaura, il South: nonostante non avesse cenato e mentendo sull’età, era riuscita a farsi dare un primo drink alcolico, a cui ne era seguito un altro. «Dopo averlo bevuto sentivo gli effetti belli dell'alcol, ossia quando scompare la timidezza, mi sentivo bene. In qualche modo il cocktail mi aveva tolto la percezione del pericolo. A differenza degli altri decidevo quindi di berne un altro e, a quel punto, gli effetti che definivo piacevoli, erano terminati», era stato il racconto della giovane, sentita poco dopo i fatti dagli investigatori con l'ausilio di uno psicologo. La giovane ha dichiarato di avere cercato di fare ragionare il ragazzo pregandolo di smettere, ma non era bastato. Anzi, di fronte alle sue avance molto spinte, non era riuscita a reagire: «Non avevo la capacità fisica di oppormi ma neppure quella mentale, cioè non riuscivo a mettere ordine nei miei pensieri. Avevo paura che se mi fossi opposta, me lo avrebbe fatto fare con la forza. Avevo conati di vomito e quindi mi sono allontanata», aveva spiegato. Tutto sarebbe avvenuto in pochissimo tempo: «Mi sono gettata a terra per levarlo da dietro di me. Ero paralizzata, non ho neppure urlato, attendevo solo che finisse», riferendo però pure un altro aspetto inquietante e cioè che, subito dopo la violenza, si sarebbe avvicinato anche un altro amico del diciannovenne che le avrebbe detto esplicitamente di volere fare sesso con lei. Richiesta alla quale si sarebbe sottratta anche se quest’ultimo - ascoltato dai carabinieri - avrebbe descritto uno scenario completamente diverso. «Non ti ho visto prima, ci avrei provato anche con te», aveva fatto mettere a verbale, sostenendo di riportare le parole della quattordicenne. E ancora: «La ragazza si rivolgeva a me e mi chiedeva: “Tu chi sei?”. E io rispondevo: “Sono suo fratello”. Così lei mi rispondeva: “Tu sei più bello” e mi accarezzava il volto. Sinceramente non mi sembrava ubriaca, come dicono», aveva aggiunto. L'altra quattordicenne aveva sostanzialmente confermato la versione dell'amica, aggiungendo però un altro particolare che la difesa ha usato come elemento a discolpa dell'indagato: quando non aveva più visto la ragazza, le aveva telefonato e lei le aveva risposto - con voce alterata - che stava facendo sesso, poi altre cinque chiamate erano rimaste senza risposta. Solo successivamente la giovane era stata raggiunta dagli amici e dai buttafuori ai quali, in stato di agitazione, aveva rivelato di essere stata abusata. Quindi aveva telefonato ai genitori e con loro era andata in ambulanza al pronto soccorso dove, oltre a sequestrare gli abiti indossati, i medici avevano riscontrato una piccola lacerazione intima e un alto tasso alcolemico. Ma gli accertamenti non hanno potuto appurare in modo definitivo se si sia trattato di uno stupro o di un rapporto consenziente, consumato dalla quattordicenne, alla sua prima esperienza. C’era stato poi anche l'episodio del principio di rissa davanti a un fast food di via Nicoletti, a Tommaso Natale. Una sorta di regolamento di conti postumo a cui avrebbero preso parte alcuni tra gli avventori del South che avevano riconosciuto S.M. dai tatuaggi e lo avevano affrontato. Era volato uno schiaffo nei suoi confronti ma i buttafuori del locale, un McDonald’s, erano intervenuti e lo avevano portato all’interno del fast food, prima che la situazione potesse degenerare. Poi avevano chiamato le forze dell’ordine che, dopo avere identificato tutti, avevano portato il giovane in caserma per l’interrogatorio.  

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