Palermo, il pizzo anche sotto forma di vigilanza e forniture di pesce: ecco le condanne chieste per il boss Micalizzi e altri nove
Era in carcere per questa indagine, anche se ora ha due misure cautelari a carico: Michele Micalizzi rischia una nuova condanna, a 20 anni di carcere, per avere diretto e coordinato le estorsioni nella sua zona, quella di Mondello, e anche a Sferracavallo. Il genero del boss Saro Riccobono - eliminato nella cosiddetta pulitina di piedi del 30 novembre 1982, dai corleonesi e dai loro alleati - il mese scorso ha ricevuto un nuovo ordine di custodia, nell’ambito dell’inchiesta sulle gelaterie Brioscià e Sharbat, sottoposte al controllo di Cosa nostra con la complicità - sostiene l’accusa - dell’imprenditore Mario Mancuso. Ma non solo lui: nella posizione di doppio indagato, per la vicenda del pizzo e delle gelaterie, c’è anche il figlio di Micalizzi, Giuseppe. È l’inchiesta Metus, paura, invece, quella con cui i carabinieri avevano catturato Micalizzi nell’estate del 2023. Oltre a chiedere vent’anni per Micalizzi, i pm Giovanni Antoci e Felice De Benedittis hanno sollecitato condanne a 14 anni e 2 mesi per Rosario Gennaro e a 13 e 4 mesi per Domenico Caviglia. Proposti poi 12 anni per Gianluca Spanu, 10 anni e 8 mesi per Carmelo Cusimano, 7 anni e un mese per Vincenzo Garofalo, 6 anni a testa per Giuseppe Guida, Francesco Nappa e Matteo Pandolfo. Infine, 2 anni e 8 mesi per Gioacchin Randazzo. Il rito abbreviato potrebbe consentire agli imputati di fruire di sconti di pena di un terzo. Secondo l’accusa, il gruppo sarebbe riuscito a imporre il pizzo pure sotto forma di servizi di vigilanza e di forniture di pesce e frutti di mare per i ristoranti di Mondello e Sferracavallo.