Undici ordini di custodia per la rivolta in carcere a Torino: sott'accusa anche il sedicenne che lanciò la bici elettrica sullo studente palermitano
Una vera e propria sommossa, con la distruzione di celle, uffici, refettorio, telecamere, aule e con due incendi appiccati in palestra. Una rivolta, alla quale ha partecipato anche il sedicenne condannato per avere lanciato la bici elettrica sul capo di uno studente palermitano, che poteva trasformarsi in un’evasione di massa, scoppiata all’interno dell’istituto minorile Ferrante Aporti (nella foto) di Torino, nella notte tra il primo e il 2 agosto, per la quale ieri sono state eseguite undici misure cautelari in carcere, per altrettanti giovani detenuti. L’accusa, formulata dal sostituto procuratore del tribunale dei minori del capoluogo piemontese, Davide Fratta, è di devastazione e saccheggio, ma alcuni dei presunti organizzatori e dei principali autori delle violenze, avvenute all’’interno della struttura che venne seriamente danneggiata, sono anche accusati di violenza e resistenza a pubblico ufficiale. Le misure cautelari, emesse dalla gip Roberta Vicini, sono state eseguite in vari carceri minorili italiani, dove i rivoltosi sono stati trasferiti da Torino. Degli undici minorenni raggiunti dal provvedimento, tre sono di nazionalità italiana. Tra di loro c’è anche il sedicenne che sta scontando una condanna a 9 anni e 6 mesi per tentato omicidio, per avere lanciato una bicicletta elettrica dalla balaustra dei Murazzi, in riva al Po, e ferito gravemente lo studente di Medicina, il palermitano Mauro Glorioso. Otto sono invece di origine straniera. Ma dentro il fascicolo d’inchiesta della procura dei minori, guidata dalla procuratrice Emma Avezzù, compaiono altri nomi di giovani che non sono stati colpiti dalle misure, ma che restano indagati. Perché quella sera d’agosto, poco dopo le 20, erano in tanti quelli che misero a ferro e fuoco l’istituto di corso Unione Sovietica. Armati di spranghe e bastoni aggredirono gli agenti della polizia penitenziaria - una decina i feriti - in una battaglia che durò fino all’alba, mentre fuori la zona venne isolata dalle forze dell’ordine per impedire un’evasione di massa, che, secondo gli inquirenti, era il vero obiettivo dei rivoltosi. Al Ferrante Aporti in quei giorni erano ospitati 52 giovani detenuti, mentre la capienza era di 42 posti. Mentre veniva portata avanti, l’opera di devastazione veniva anche filmata dagli stessi ragazzi, grazie all’uso illegale degli smartphone. I video vennero poi pubblicati su Tik Tok. Nei giorni seguenti ci furono i trasferimenti: c’è chi oggi è recluso a Catanzaro, chi a Bologna, chi ad Airola e a Catania. Altri invece, quando è arrivata la misura, stavano per uscire dal carcere per scadenza della pena.