La rissa allo stadio a Palermo e l'ombra di Cosa nostra: individuati sei partecipanti agli scontri per una maglietta rubata
Le indagini sulla violenta maxi-rissa, avvenuta domenica 1 fuori dallo stadio Renzo Barbera, prima del match Palermo-Cosenza, avrebbero consentito di identificare sei ultras tra coloro - circa una cinquantina - che si erano dati appuntamento nella zona dove si mettono i furgoni della ristorazione, in piazza Giovanni Paolo II, per darsele di santa ragione colpendosi reciprocamente a calci e pugni. Ma altri tifosi potrebbero essere presto coinvolti: le immagini, riprese dai residenti con i cellulari, sono ancora al vaglio degli investigatori, che potrebbero dare un nome e un cognome ad almeno una ventina di persone che hanno partecipato agli scontri. Per tutti il rischio potrebbe essere quello di essere colpiti dal Daspo, cioè dal divieto emesso dal questore di mettere piede in un impianto sportivo perfino in occasione di gare amichevoli o a scopo di beneficenza. Ma gli accertamenti si starebbero concentrando anche sui presunti legami tra alcuni ultras ed esponenti contigui ad ambienti mafiosi, in particolare dello Sperone, che sarebbero intervenuti per mediare i conflitti interni e mantenere la pace all’interno del tifo organizzato. Il «contatto» tra due fazioni rosanero era venuto alla luce grazie a un precedente abbastanza recente: il 27 agosto, in occasione di Cremonese-Palermo, si era scatenata una lite in curva dopo il presunto furto di una maglietta, donata dal centrocampista Blin a una bambina