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Autodromo di Torretta, bancarotta fraudolenta e autoriciclaggio: scattano misure interdittive e sequestri

I principali indagati sono due coniugi. Al centro dell'indagine la vendita e il riacquisto di auto di pregio come Ferrari, Bentley, Porsche, Maserati, Jaguar e Rolls Royce

A Palermo la guardia di finanza ha dato esecuzione a un’ordinanza applicativa di misure interdittive e reali con cui il gip, su richiesta della procura, ha disposto il divieto, per la durata di un anno, di esercitare attività professionali o imprenditoriali nei confronti di due persone, nonché il sequestro di numerose autovetture di pregio, di somme di denaro per 21 mila euro e di un compendio aziendale.

Le indagini riguardano il fallimento di una società che gestisce centri e impianti sportivi polivalenti e organizza attività sportive legate all’automobilismo e al motociclismo. Fra le attività c'è la gestione dell'autodromo di Torretta. Gli accertamenti svolti hanno evidenziato che i due principali indagati, marito e moglie, amministratori di fatto e di diritto, unitamente a ulteriori tre familiari, avrebbero effettuato, mediante artifizi contabili, plurime condotte distrattive, sia prima che dopo la dichiarazione di fallimento (avvenuta nel 2018), allo scopo di arrecare pregiudizio ai creditori.

In particolare, sono state individuate diverse autovetture di pregio di noti marchi nazionali ed esteri (tra cui Ferrari, Bentley, Porsche, Maserati, Jaguar e Rolls Royce), inizialmente intestate alla ditta fallita, poi vendute a un’anziana parente a un prezzo notevolmente più basso rispetto al valore di mercato e, da ultimo, cedute a una nuova società, appositamente costituita e sempre riconducibile agli indagati. Attraverso quest’ultima, i coniugi avrebbero incassato assegni per circa 21.000 euro, frutto di un’operazione di autoriciclaggio, in quanto provenienti da un cliente della società in dissesto. Di fondamentale importanza ai fini dell’individuazione degli illeciti è risultata l’analisi dei flussi finanziari nonché delle risultanze ottenute a seguito di un ordine europeo di indagine, da cui è emerso che la società, tra il 2016 e il 2018, quando si era già palesato lo stato di crisi, aveva fatto confluire su un conto corrente maltese risorse finanziarie per circa 290.000 euro.

Il gip, condividendo le valutazioni della procura, ha ravvisato la sussistenza in capo ai cinque indagati di un grave quadro indiziario, in ordine ai reati contestati di bancarotta fraudolenta e autoriciclaggio.

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