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Palermo, due infermieri si tolgono la vita. Allarme dei sindacati: «Colpa delle aggressioni e dello stress da lavoro»

Uno lavorava al Buccheri La Ferla, l’altro nel reparto di rianimazione dell’ospedale Civico

Ospedale Civico di Palermo

Due infermieri si sono suicidati a Palermo, uno lavorava al Buccheri La Ferla, l’altro all’ospedale Civico. Per alcuni esponenti sindacali è la conferma di un disagio che riguarda la categoria. «Cosa abbia spinto i due colleghi a compiere l’estremo gesto non lo sappiamo. Ci sono problemi personali che devono restare tali. Ma le aziende sanitarie possono fare molto per stare vicini ai loro dipendenti che in questi mesi di post Covid vivono uno stress ancora maggiore», ha detto Alessandro Magno segretario aziendale della Cisl all’ospedale Civico.

Secondo il sindacalista questi episodi dimostrerebbero che «il personale è sotto pressione per le continue aggressioni, minacce e per il carico di lavoro. Una condizione di forte stress che amplifica i problemi che ognuno di noi ha. Per questo servirebbe un sostegno psicologico costante per i lavoratori. Non solo volontario come è adesso. Ma deve essere constante e continuo. Soprattutto per chi come il collega del Civico lavorava in rianimazione. Gli infermieri come gli operatori sanitari devono essere aiutati nel gestire lo stress. Per questo chiederemo all’azienda di fare il massimo per dare un’assistenza psicologica».

Secondo la presidente del Movimento Italiano per la Gentilezza Natalia Re, «non sono più rimandabili un attento esame ed una riflessione sulle cause che portano al gesto estremo».

«Un dramma - continua - che investe ogni segmento della nostra società, che traumatizza la vita delle famiglie che cercano, ogni secondo della loro restante esistenza, risposte per l’insano atto del congiunto. Ci sono persone che per fragilità umana non riescono a fronteggiare stress, pressioni lavorative, l’onta dei social. Che non riescono più a vivere e allora guardano alla morte come unica soluzione al loro malessere. L’esperienza che mi ha segnato, non oltre un anno fa, mi ha vista impegnata nello studio del fenomeno, crescente e preoccupante».

«È necessario - aggiunge - che si aprano sportelli di ascolto nelle strutture sanitarie ma non solo».

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