Palermo

Mercoledì 27 Novembre 2024

Palermo, arrestati per il ferimento in viale Michelangelo: tutto era cominciato nel pomeriggio, uno dei due era stato picchiato

La lite, l’incontro chiarificatore, l’inseguimento e i colpi di pistola in un clima da Far West tra Borgo Nuovo e il Cep, a Palermo. Le indagini sulla movimentata e feroce giornata del 22 maggio sfociata in un tentato omicidio in viale Michelangelo adesso sono arrivate al giro di boa e per due pregiudicati di Borgo Nuovo è arrivato l’ordine di custodia cautelare in carcere. Si tratta di Giuseppe Guttuso di 32 anni e Pier Paolo Davì di 35, personaggi legati agli ambienti criminali dei due quartieri popolari, che si trovavano già agli arresti, poiché, cinque giorni dopo il fatto, erano rimasti coinvolti in un'inchiesta su spaccio di droga e armi, con provvedimenti restrittivi diversi. I due ora sono accusati di concorso aggravato in tentato omicidio, detenzione e porto abusivo di armi. A firmare la misura è stato il gip Cristina Lo Bue, su richiesta del procuratore aggiunto Ennio Petrigni e del pm Carmela Romano, che hanno coordinato gli accertamenti condotti dai carabinieri della compagnia di San Lorenzo. Quella sera del 22 maggio Guttuso e Davì salirono a bordo di una Fiat 500 X per lanciarsi all’inseguimento della Range Rover Evoque sulla quale c’erano un uomo di 41 anni e il figlio di 21, con i quali poco prima c’era stato un incontro. Al volante c’era Guttuso, mentre Davì, che impugnava la pistola, gli sedeva accanto. Affiancata la macchina dei rivali in viale Michelangelo, all’altezza di un impianto sportivo con campi da calcio, scattò la pioggia di fuoco. Almeno cinque colpi raggiunsero la Range e uno centrò a una gamba il maggiore dei due. Padre e figlio scapparono e raggiunsero a tutta velocità la guardia medica di Carini, mentre un paio di donne, loro parenti, avvisarono per telefono gli investigatori, facendo a chiare lettere il nome di Guttuso. Il ferito fu poi trasferito a Villa Sofia per essere operato. Ai carabinieri, che per portare a termine le indagini si sono avvalsi anche di intercettazioni e dell’esame dei filmati degli impianti di videosorveglianza tra Borgo Nuovo e viale Michelangelo, non è mancato il materiale per scavare a fondo sulla vicenda in un territorio della città ad alta densità criminale. E sin da subito è emersa la storia di una lite - i cui motivi non sono ancora chiari - nel pomeriggio del 22 maggio tra Guttuso e il giovane di 21 anni davanti a una sala scommesse di viale Piazza Armerina, a Borgo Nuovo. Nell’acceso scontro ad avere la peggio era stato Guttuso, che, a quanto pare, aveva bevuto alcol (riportò una ferita alla testa). Le bastonate prese, vissute come un affronto terribile, hanno dato il via all’organizzazione di un incontro chiarificatore in piazzale Castronovo, avvenuto di sera. Guttuso ha preteso le scuse dal giovane alla presenza del padre, che non ha esitato a dargli due sberle. Ma la punizione inflitta al ragazzo non è stata ritenuta sufficiente dal pregiudicato. Capendo di essere in pericolo, padre e figlio hanno cercato una via di fuga. Sono saliti in fretta e furia sulla Range e sono scappati. In viale Michelangelo sono stati raggiungi dalla Fiat 500, dove ci sarebbe stata anche una terza persona non ancora identificata, che li ha affiancati. Poi la pioggia di fuoco e la nuova fuga verso Carini. Nel corso delle indagini i carabinieri non hanno recuperato l'arma usata per la sparatoria, ma i delinquenti legati a Guttuso e Davì, come emerso nell'operazione antidroga del 27 maggio, ne avrebbero avute a disposizione diverse. Nell'ordinanza, il giudice delle indagini preliminari scrive che la detenzione in carcere appare l'unica misura per interrompere i contatti dei due indagati con gli ambienti criminali in cui sono inseriti. Ma anche eventuali propositi di vendetta. Dopo la sparatoria, infatti, il clima a Borgo Nuovo si era fatto incandescente e alcuni personaggi legati al ferito avevano preferito sparire dalla circolazione per diverse settimane. Lo stesso Guttuso aveva diffuso un post promettendo pesanti azioni contro chi lo avrebbe denunciato facendolo arrestare.

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