Palermo

Martedì 22 Ottobre 2024

Confiscati beni per un milione di euro al boss palermitano Sansone: era l'autista di Riina

Giuseppe Sansone

L’ufficio misure di prevenzione patrimoniali della divisione anticrimine della questura di Palermo ha eseguito un provvedimento di confisca da un milione di euro, emesso dalla sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, nei confronti di Giuseppe Sansone, 74 anni, uno degli autisti di Totò Riina. Sono passati allo Stato un’azienda edile, di proprietà del figlio, con sede a Palermo, in zona Uditore, diversi rapporti finanziari e 6 auto. Applicata anche la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, con obbligo di soggiorno, per 4 anni e 6 mesi. Sansone, detenuto, è un esponente di spicco della famiglia mafiosa di Uditore, storicamente inserito nel mandamento mafioso di Passo di Rigano - Boccadifalco. Negli anni Novanta è stato condannato per associazione mafiosa. Le misure richieste congiuntamente dal procuratore presso il tribunale di Palermo e dal questore di Palermo e già scaturite nel sequestro precedentemente eseguito dalla polizia di Stato. La caratura criminale  di Giuseppe Sansone, in atto detenuto, in qualità di esponente di spicco della famiglia mafiosa di “Uditore”, storicamente inserita nel mandamento mafioso di “Passo di Rigano – Boccadifalco”, emerge sin dagli anni novanta, allorquando lo stesso è stato destinatario della sentenza irrevocabile di condanna per il reato di associazione di stampo mafioso. In seguito alla cattura  di Salvatore Riina,  avvenuta nel 1993, durante la perquisizione effettuata all’interno dell’abitazione presso la quale lo stesso aveva trascorso l’ultimo periodo di latitanza, furino ritrovati appunti manoscritti con riferimenti anche ad altri membri della famiglia Sansone. Sansone è stato condannato in primo grado alla pena di anni 11 e mesi 8 di reclusione in quanto riconosciuto colpevole per i reati di intestazione fittizia e di associazione di stampo mafioso per aver fatto parte della famiglia mafiosa dell’Uditore, nonché per aver partecipato a numerosi incontri con esponenti di rilievo di cosa nostra appartenenti anche ad altre famiglie. In particolare la società oggetto della confisca, costituita nel 2006 da Sansone insieme alla moglie, nel 2008 è stata trasferita al figlio, nonostante lo stesso non disponesse dei redditi sufficienti per fare fronte all’investimento necessario per l’acquisto delle quote della società stessa. Inoltre, ulteriori indagini hanno consentito di accertare che, anche dopo la cessione dell’azienda, la gestione  è rimasta pienamente in capo al boss detenuto, il quale ha continuato, infatti, ad occuparsi di procacciare lavori alla società, di decidere in ordine all’acquisto dei beni strumentali e all’assunzione degli operai, nonché di curare i rapporti con i clienti ed i fornitori.  

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