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Palermo, il tunisino ucciso con un tirapugni in via Maqueda: il pestaggio nato da un debito di 70 euro

Un testimone ha riferito alla polizia che Moataz Derbeli doveva pagare alcune dosi di crack. Per l'omicidio preterintenzionale è stato arrestato il somalo Ismail Hasan Mohamud, che a Ballarò si faceva vedere anche con una pistola

La lite con il venditore ambulante di pannocchie probabilmente non c'entrava. Moataz Derbeli, il tunisino di 20 anni pestato in via Maqueda, a Palermo, e morto dopo 12 giorni di agonia alla Terapia intensiva del Policlinico, sarebbe stato ucciso per un debito di 70 euro. Doveva pagare delle dosi di crack, secondo quanto ha raccontato alla polizia un testimone. Gli investigatori hanno interrogato anche Ismail Hasan Mohamud, il somalo di 28 anni arrestato nei giorni scorsi con l’accusa di omicidio preterintenzionale, aggravato dall’uso di un’arma, un tirapugni, che avrebbe usato contro Moataz durante l'aggressione davanti al civico 40 di via Maqueda. Il tunisino, colpito al capom col tirapugni, sarebbe caduto a terra, battendo violentemente la testa e riportando gravissimi traumi e lesioni neurologiche, che alla fine sono risultati fatali.

Il presunto assassino subito dopo il pestaggio era scappato, cercando di fare perdere le sue tracce. Voleva arrivare in Francia, ma non c'è riuscito, è stato fermato quand'era ancora in Italia, a Lucca. Il somalo voleva raggiungere alcuni amici che - nelle sue intenzioni - sarebbero stati in grado di aiutarlo a scomparire. Dalla Francia, infatti, avrebbe potuto dirigersi più agevolmente verso l’Africa oppure in direzione dei Paesi scandinavi, dove vivono molti suoi connazionali.

Il pestaggio è avvenuto il 4 luglio e per gli agenti della squadra mobile il quadro è stato subito chiaro, perché, oltre grazie alle immagini dei sistemi di videosorveglianza e alle testimonianze, hanno individuato l’autore dell’aggressione, intercettando anche il suo cellulare. La cella telefonica era stata agganciata prima ad Agrigento e successivamente, il 14 luglio, nei pressi della stazione Tiburtina di Roma: i poliziotti hanno così intuito che il ventottenne si trovava a bordo di un pullman diretto a Grenoble e hanno verificato che quell'autobus avrebbe fatto una sosta intermedia a Lucca. A quel punto, allertata la squadra mobile della città toscana, il giovane somalo è stato bloccato appena il bus si è fermato per la sosta programmata: il gip di Lucca ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere.

Quel maledetto pomeriggio del 4 luglio un gruppo di tunisini avrebbe prima intimato a un venditore di pannocchie di sloggiare perché dava fastidio ai pusher e l'ambulante, infuriato, avrebbe cercato di investirli con la motoape. Per questa ragione si è pensato che in qualche modo il pestaggio di Moataz potesse essere collegato a questo episodio. Le indagini però hanno ricondotto la ragione dell'aggressione a un debito. Appena 70 euro.

Il somalo arrestato, del resto, a Ballarò faceva il duro. Un testimone ha raccontato che Ismail Hasan Mohamud possedeva una pistola, di averlo visto litigare con dei tunisini, una decina di giorni prima del pestaggio del 4 luglio, e sparare un colpo di pistola in aria. Indossava pantaloni neri e scarpe gialle e aveva con sé spesso il tirapugni con il quale ha colpito il giovane Moataz. Il somalo era giunto in Italia dieci anni fa, appena diciottenne, su un barcone di migranti. Aveva chiesto protezione internazionale.

Anche il tunisino era arrivato in Italia sbarcando a Lampedusa, tre anni fa, come minore straniero non accompagnato. Dopo un periodo in un centro di seconda accoglienza per ragazzi, era riuscito ad eludere la sorveglianza e si era stabilito a Palermo, seguendo l’esempio di altri connazionali. Quando è stato pestato, non aveva con sé documenti. La polizia ha faticato per identificarlo. Si era anche ipotizzato che fosse minorenne. Poi la polizia è riuscita a dare un nome a quel giovane in agonia in un letto della Terapia intensiva del Policlinico: il personale del dipartimento di Emergenza-Urgenza, diretto dal professore Antonello Giarratano, ha fatto tutto il possibile per salvarlo, ma nonostante gli sforzi, le gravi ferite riportate durante la brutale rissa sono state fatali.

Nella foto fiori e slogan sul luogo dell'omicidio

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