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Palermo, uno schiaffo a un ragazzo per il furto di un motorino: ecco perché fu ucciso il boss Incontrera - LE FOTO DELL'OMICIDIO

La Corte d'assise ha depositato le motivazioni della sentenza di condanna all'ergastolo di Salvatore Fernandez: spuntano anche le immagini del momento in cui avviene il delitto

Alle 5.48 del mattino del 30 giugno 2022 Salvatore Fernandez era uscito con un motorino senza targa da un terreno nei pressi di via Danisinni, a Palermo, e si era messo a girare tra via Cardinale Tomasi e via Silvio Pellico, in attesa di incrociare Giuseppe Incontrera, boss emergente della cosca e grande regista del traffico di droga delle varie piazze di spaccio di tutto il mandamento. Alla fine, alle 8.02, lo aveva raggiunto in via Imperatrice Costanza, alla Zisa, mentre era in sella alla sua bicicletta a pedalata assistita e gli aveva sparato cinque colpi, tre dei quali erano andati a segno, uccidendolo. Nelle motivazioni della sentenza, depositate ieri, 29 luglio, dalla Corte d’assise, ci sono anche le drammatiche immagini dell’omicidio di due anni fa, per il quale Fernandez, reo confesso del delitto, è stato condannato all’ergastolo nello scorso gennaio.

«L'uomo, che indossa una maglietta a maniche corte di colore bianco ed un casco nero - ha spiegato il Collegio presieduto da Vincenzo Terranova -, spara alcuni colpi di pistola che tiene con la mano destra, attingendo Incontrera tra le due scapole». La vittima «percorre pochi metri per poi sbattere contro un‘autovettura posteggiata sul lato destro della carreggiata e rovina a terra», si legge ancora nelle motivazioni. Per i giudici l’uomo con la pistola è Fernandez, il quale spara al ferito che giace sull'asfalto «cinque colpi di calibro 22» di cui «tre hanno raggiunto Incontrera alle spalle, al braccio destro e al gluteo, laddove i primi due si sono rivelati potenzialmente letali», come ha rivelato il video estrapolato da una telecamera che ha registrato tutta la sequenza della sparatoria.

A fare scattare l’esecuzione sarebbe stato il furto di un motorino. A subirlo era stata una persona considerata vicina alla famiglia di Porta Nuova e quindi meritevole di protezione da parte di Incontrera. Fu la vendetta premeditata - senza la mano di Cosa Nostra anche se maturata in un contesto mafioso - di Salvatore Fernandez in un disperato ed estremo tentativo di proteggere il figlio che aveva rubato lo scooter incriminato all’«amico degli amici». Incontrera, infatti, aveva convocato Angelo Fernandez che si era presentato «accompagnato dal padre Salvatore, lo aveva rimproverato fino a dargli uno schiaffo, ottenendo la restituzione del mezzo che era stato portato via».

L’avvocato della difesa, Salvatore Ferrante, aveva provato a far cadere in parte le responsabilità del suo assistito, sostenendo che Incontrera volesse fare del male ai familiari dell’assassino: aveva così parlato di fatto non premeditato e chiesto di riconoscere all’imputato non solo le attenuanti generiche, ma anche quella della provocazione. Tesi non accolta dai giudici perché l’agguato era stato messo in atto una settimana dopo, quando Fernandez avrebbe avuto «un tempo del tutto congruo - è un altro passaggio delle motivazioni - per operare un ripensamento e recedere dall’intento omicidiario: egli poteva valutare se l'affronto subito a causa della reprimenda al figlio Angelo doveva necessariamente portare ad una punizione letale ai danni di Incontrera».

Sono ancora sotto inchiesta altre due persone che avrebbero aiutato Fernandez a fare sparire la pistola e il motorino: la loro posizione è al vaglio della Procura.

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