Palermo, rissa al carcere minorile fra amici e avversari dell'imputato del delitto in discoteca: anche lui ha partecipato allo scontro
Scoppia il caos nel carcere minorile di Palermo per una rissa tra detenuti che ha visto coinvolto anche il ragazzo, da poco divenuto maggiorenne, accusato dell’omicidio di Rosolino Celesia, l’ex calciatore del Cep assassinato a colpi di pistola il 21 dicembre davanti nella discoteca Notr3 di via Pasquale Calvi. All'istituto Malaspina, dove le tensioni e i casi di violenza non sono rari, gli agenti della polizia penitenziaria si sono trovati a fronteggiare una nuova emergenza. L'episodio, che secondo la nota del sindacato «ha quasi dell’incredibile», si è verificato ieri, 19 luglio. Il gruppo di detenuti del penitenziario minorile si è violentemente e pericolosamente fronteggiato e poi si è scagliato contro i poliziotti. Ricostruisce l’accaduto Paolo La Corte, vicesegretario provinciale del Sindacato autonomo polizia penitenziaria: «Tutto ruota intorno alla presenza in carcere di uno dei responsabili dell’omicidio di un ragazzo in una discoteca cittadina al culmine di una rissa, ristretto al minorile nonostante la giovane età. Praticamente si sono create due fazioni di palermitani e ieri se le sono date di santa ragione 3 o 4 di loro. Un poliziotto, per cercare di dividerli, ha preso un pugno in faccia ed è andato in ospedale in codice giallo e trenta giorni di prognosi». Il sindacalista spiega che «alcuni dei detenuti hanno anche tentato, fortunatamente senza riuscirvi, a togliere le chiavi ad un agente con la forza, colpendolo e strattonandolo. Per fortuna, con l’arrivo nell'Istituto del comandante e del direttore, si è riusciti a rimetterli in cella ad uno a uno, ma si è vissuta una giornata di grande tensione». «Si è consumato un gravissimo attacco allo Stato ed a chi lo rappresenta in carcere», denuncia Donato Capece, segretario generale del Sappe: «Ci vuole una completa inversione di rotta nella gestione delle carceri regionali e della nazione: siamo in balia di questi facinorosi, convinti di essere in un albergo dove possono fare quel che non vogliono e non in un carcere. Facciamo appello anche alle autorità politiche regionali e locali: in carcere non ci sono solo detenuti, ma ci operano umili servitori dello Stato che attualmente si sentono abbandonati dalle istituzioni». Capcece aggiunge che «il Sappe esprime la vicinanza ai poliziotti di Palermo, ma siamo davvero alla frutta: i detenuti rimangono impuniti rispetto alla loro condotta violenta e fanno quello che si sentono di fare, senza temere alcuna conseguenza. Urgono contromisure per prevenire gli atti violenti ai danni dei poliziotti. Lo stato comatoso dei penitenziari non favorisce il trattamento verso altri utenti rispettosi delle regole né tantomeno la sicurezza».