Il bambino venuto dal deserto. Non è il titolo di un romanzo né di una serie Netflix. È l'incredibile storia di uno scricciolo preso per mano da un ragazzo gambiano che stava valicando come lui le dune di sabbia fra la Tunisia e la Libia nel settembre dell'anno scorso. Un bimbo coraggioso e tenace, probabilmente sopravvissuto a chi stava affrontando quell'avventura con lui o per lui. Deve essere nato sotto una buona stella, di quelle che in Africa sono più luccicanti che in qualsiasi altro continente del mondo sviluppato dove gli astri sono offuscati dall'inquinamento luminoso. A quella prode creatura è capitato un destino che una forza innata gli ha procurato. Scampato agli stenti, aiutato da un compagno di ventura sbucato come un miraggio dal nulla, giunto a Lampedusa e abbracciato dagli isolani come un proprio figlio, il piccino dagli occhi grandi e scuri è stato portato passo dopo passo fino a quella che sarà la sua famiglia per sempre. Una coppia di palermitani sta per ottenere la sua adozione, mancano pochi passaggi: un ultimo colloquio, la verifica che il bimbo stia bene nel nuovo ambiente e nel giro di un anno (forse poco o forse molto a seconda delle latitudini) il migrante solitario più piccolo di cui si sia avuta notizia, sarà già stato riconosciuto cittadino italiano, figlio di siciliani. Il bambino venuto dal deserto è cresciuto. Gli è stato dato un nome già sull'isola salvatrice. Un minore non accompagnato, senza documenti, senza tutela, non in grado di spiegare nulla sulla sua provenienza, è soggetto all'applicazione di una legge del 2000 che regola lo stato civile e che prevede l'attribuzione di un nome, di una data di nascita presunta e la nomina di un tutore da parte del Tribunale per i minorenni. Un compito, quello della tutela, che potrebbe spettare anche ad un sindaco o ad un amministratore. Dieci anni fa Agnese Ciulla, assessora alle Attività sociali di Palazzo delle Aquile, fu tutrice di centinaia di migranti minori non accompagnati, una vicenda diventata anche plot di una fiction. Il passo successivo è quello della dichiarazione di adottabilità. «Sono state tappe rapide - racconta la procuratrice per i minorenni Claudia Caramanna - abbiamo provato a capire se con il piccolo fossero arrivate persone che lo conoscevano. Nessuno però lo ha reclamato e nel giro di poco tempo siamo arrivati all'affidamento preadottivo». Si è mosso a quel punto il Tribunale per i minori, guidato da Flora Randazzo. La storia è continuata nel segno di un vero e proprio colpo di fulmine fra il bambino venuto dal deserto e la famiglia candidata ad averlo come figlio. Al piccolo è stato dato un nome forse biblico che ha a che fare con la sua epopea. È sveglio, sano e ha talento. Dovrebbe avere circa quattro anni. Ma che importa, è rinato qui. I suoi nuovi genitori cantano in una corale e lo hanno abituato alle note musicali e alle intonazioni. Lui ha recepito tutto subito subito e giunge notizia che canti benissimo, da vera mascotte del gruppo. "È una storia bellissima e a lieto fine - racconta Caramanna - altre non lo sono. Almeno non ancora. Si ha a che fare con casi drammatici. Bambini che hanno subito violenze o che vengono affidati sbrigativamente a chi può, per affrontare il viaggio, e poi si ritrovano soli senza nessuno a chiedere di loro». Fino alla settimana scorsa la procuratrice è stata a Lampedusa dove erano arrivati 25 piccoli e solitari. Un numero alto che conferma un trend da non sottovalutare. I minori arrivati in tutto il distretto della corte d'appello di Palermo (che comprende Palermo, Agrigento e Trapani) sono stati 6.200 dal primo luglio del 2023 al 30 giugno di quest'anno, a fronte dei 6420 dal primo luglio del 2022 al 30 giugno del 2023: «Numeri alti se paragonati agli arrivi degli adulti che sono risultati in calo del 73% quest'anno - continua Caramanna –. Approdano bambini feriti, con menomazioni causate dalle bombe in Siria. Molti sono profondamente segnati dalle guerre, in pena per i genitori lasciati lontani, vittime di abusi oppure dimenticati». È un capitolo negletto della questione migratoria, nel quale la battaglia per conto di questi piccoli Ulisse la fa chi opera sul campo, chi se li vede arrivare su barchini fatiscenti, chi li vede morire in mare, chi prova a consolarli perché orfani delle traversate, chi alza la voce per loro conto come fa Save the Children. Il bambino venuto dal deserto ha avuto carattere e determinazione. Ha camminato a lungo da solo, si è dato un orizzonte. Adesso bisognerà assicurargli il futuro che merita. Lui la vita se l'è guadagnata lasciando le sue piccole orme sulla sabbia. Ora che canta e ha imboccato una strada nel suo nuovo mondo. Se l'era data già all'arrivo. Per controllare lo sconforto tutte le sere, straniato ma non sconfitto, cantava da sé una ninna nanna per accompagnarsi nel sonno. Ha imparato così a guardare avanti, duna dopo duna, giorno dopo giorno, sogno dopo sogno, fino ad arrivare qui dove qualcuno lo amerà. Nella foto d'archivio una delle tante operazioni di salvataggio a Lampedusa