I registi delle esecuzioni sarebbero stati Sabrina Fina e Massimo Carandente, Giovanni Barreca li avrebbe aiutati in preda al delirio mistico in cui era precipitato mentre la figlia minorenne avrebbe partecipato alle violenze assieme al fratello Kevin, poi ucciso assieme alla mamma Antonella Salamone e all’altro figlio Emanuel di 5 anni nella villetta degli orrori di Altavilla Milicia. La sequenza di quanto è accaduto è stata ricostruita attraverso le evidenze scientifiche incrociate con la confessione della diciassettenne, unica sopravvissuta, nella lunga relazione del medico legale che ha fatto l’autopsia sulle vittime. Il documento, che confermerebbe la dinamica e i ruoli del massacro, è contenuto nell’hard disk da 8 terabyte, consegnato dalla procura di Termini Imerese, in cui sono stati riversati i risultati di oltre tre mesi di indagini su telefoni, computer, mail e social oltre che sulla posizione delle celle telefoniche. Lo scenario accertato dai magistrati coinciderebbe con quanto avevano rivelato lo stesso Barreca durante i colloqui con il suo difensore, l’avvocato Giancarlo Barracato, e la figlia quando era stata sentita in carcere. Fina e Carandente sarebbero intervenuti per liberare la casa di Barreca da una fantomatica possessione dal demonio. Il primo passaggio del rito era stato di scrivere versetti della Bibbia sui muri: «Le iscrizioni le ho fatte io – è la figlia di Barreca a parlare -. Massimo e Sabrina lo avevano detto a mio padre e mio padre lo ha detto a me, questo è avvenuto prima che accadesse tutto. Avevano detto che sarebbe stato importante leggerli». Poi, però, qualcosa si sarebbe incrinato e da lì in poi la strage era maturata in un crescendo di fanatismo religioso misto a brutalità e ferocia. «I toni utilizzati da Sabrina e Massimo nei colloqui in casa come li definiresti? Ti sei mai sentita minacciata?», avevano chiesto gli inquirenti alla minorenne. «Erano autoritari – aveva affermato quest’ultima -. Durante gli interrogatori urlavano. Mi sentivo come se mi venisse impedito dì parlare, infatti non ho neanche detto che avevo mal di testa o che avevo pensato al suicidio». La prima a morire – in un rogo improvvisato - era stata la mamma, l’ultimo il fratello Kevin, 16 anni, tra il 10 e l’11 febbraio. «Piattini e altri oggetti sono stati bruciati là sopra insieme al corpo di mamma. Il fuoco è durato alcune ore ma non saprei quanto. Durante queste cose sono rimasta come paralizzata perché avevo paura tanto che avevo pensato anche al suicidio». Antonella, prima di perdere la vita, era stata colpita a ripetizione perfino con una padella: «Confermo le torture – è sempre la diciassettenne a riferire quegli attimi terribili - ma non so come è morta mia madre, se per infarto o quando sia io che mio fratello gli davamo calci. Prima i calci li ho dati io e poi Kevin, in quel momento mia madre non reagiva più. Mentre veniva torturata non poteva né mangiare né bere e quando veniva colpita con la pentola aveva una fascetta trasparente ai polsi». Quando Emanuel aveva cominciato a piangere sarebbe stata ancora Fina a dire che era posseduto e che bisognava bloccarlo a letto con le catene: al piccolo era stato fatto bere caffè con la siringa e il biberon e alla fine era morto di stenti. Quindi era toccato a Kevin: «Le torture sono cominciate il giorno in cui hanno fatto irruzione i carabinieri. C’era Massimo che diceva di avere mal dì testa e quindi iniziò a dire che anche Kevin aveva i demoni. Non ricordo se Kevin urlava, solo quando era nel corridoio, poi non lo so. Quando lo stavano legando sono andata in cucina ma subito dopo Massimo mi ha bendata. I capelli a Kevin li ha tagliati Sabrina dicendo che lo facevano più ribelle». Anche la figlia di Barreca avrebbe temuto di fare la stessa fine degli altri componenti della famiglia: «Sono entrata nel panico perché Sabrina iniziò a dirmi le medesime cose che avevano già detto a mia madre. Mi diceva di tenere lo sguardo basso. Pur avendo detto a mio padre che quella situazione non mi piaceva, lui mi rispondeva dicendo che dovevamo pensare a Emanuel che comunque era morto: ricordo che era disperato per quello che era successo e piangeva anche se non mi ascoltava lo stesso».