Discariche abusive a Bagheria nei terreni del boss, scattano 5 misure cautelari e la confisca dei beni
Il "ventre" di campi sottoposti a vincolo paesaggistico e sismico, imbottito di rifiuti pericolosi. E tutto all’ombra della mafia con terreni e mezzi pesanti sequestrati perchè riconducibili a un boss e ai suoi eredi. Cinque le misure cautelari - due per gli arresti domiciliari e tre obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria - emesse dal Gip di Palermo ed eseguite dai carabinieri della Compagnia di Bagheria, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, per traffico illecito organizzato di rifiuti. Il provvedimento è il frutto di una complessa e meticolosa attività dalla sezione operativa di Bagheria, nel periodo che va dal dicembre 2022 al febbraio 2023, strutturata da indagini tradizionali corroborate dall’utilizzo di sofisticate strumentazioni tecniche: l’indagine ha consentito di delineare l’operatività di un’impresa che avrebbe dovuto occuparsi esclusivamente di edilizia e di trasporto di rifiuti speciali non pericolosi prodotti da terzi, ma che invece nei terreni di sua proprietà aveva costituito una vera e propria discarica abusiva per lo svolgimento in forma organizzata di un’abituale attività di raccolta, trasporto e occultamento mediante interramento di sfabbricidi, ovvero materiali inerti da costruzioni provenienti da cantieri edili attivi di Bagheria e comuni limitrofi. In particolare in soli 2 mesi di monitoraggio sono stati documentati almeno 280 scarichi di sfabbricidi, con una media di 7 al giorno eseguiti senza soluzione di continuità, per un totale di circa 1.400 tonnellate di materiale inerte. Il costo richiesto dalla ditta per smaltire ogni singolo carico oscillava da 70 a 100 euro per un guadagno di circa 15.000 euro al mese. Il sistema avrebbe consentito non solo di abbattere i costi dell’impresa e di ottenere guadagni altrimenti non conseguibili, ma ha permesso anche ai vari imprenditori che si rivolgevano alla ditta in argomento di incrementare i propri guadagni e di pagare meno tasse smaltendo i propri rifiuti in modo illegale, perché non tracciabile. Come verificato dai servizi di osservazione, controllo e pedinamento dei militari, ai fini dell’interramento dei materiali inerti, gli indagati avrebbero fatto deliberatamente scempio dei terreni agricoli di loro proprietà, trasformandoli in vere e proprie discariche. L’attività di interramento rifiuti infatti, con camion e pale meccaniche, deposito al suolo di rifiuti speciali e realizzazione di strade interne per agevolare il traffico dei mezzi pesanti, è avvenuta tramite 3 distinti terrazzamenti di terreni adibiti a uliveti e piantumazione di altri alberelli, ma che altro non sono che maldestri occultamenti di rifiuti con terra vegetale. Particolarmente allarmanti sono stati gli episodi in cui i rifiuti venivano distrutti tramite incendio, dopo essere stati accatastati dagli autisti dei mezzi. L’attività della ditta risulta pertanto abusiva e priva di qualsivoglia autorizzazione non iscritta al catasto dei rifiuti e non presente nell’elenco delle discariche. Un aspetto particolarmente significativo dell’attività delittuosa riguarda proprio l’area in questione; infatti la ditta avrebbe continuato a operare nonostante tutto il territorio fosse sottoposto a vincolo paesaggistico e sismico, nonché interessato da uno stato di dissesto. Nel corso dell’operazione sono state eseguite: 2 ordinanze degli arresti domiciliari, a carico dei responsabili della ditta di Bagheria adibita allo smaltimento di rifiuti; ˗ 3 obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria, nei confronti degli autisti dei mezzi pesanti e dipendenti dell’impresa; il sequestro preventivo di circa 10.000 mq di terreno della ditta, 7 autocarri e 2 mini escavatori. I terreni e i mezzi pesanti impiegati, a seguito di proposta del Nucleo Investigativo di Palermo, erano già sotto sequestro patrimoniale, emesso nel dicembre 2022 dal Tribunale di Palermo, perché ricadenti nella disponibilità di Nicolò Testa, già condannato per associazione mafiosa e deceduto lo scorso 7 novembre. Il quadro probatorio raccolto nell’ambito delle indagini patrimoniali, coordinate dalla Procura della Repubblica, è stato in grado di dimostrare come i beni nella disponibilità, dapprima dello stesso Nicolò Testa e successivamente dei suoi eredi, fossero in realtà il frutto delle sue attività illecite, così consentendo al Tribunale di Palermo di emettere il provvedimento di confisca, eseguito stamattina dai Carabinieri del Nucleo Investigativo, riguardante beni stimati in circa 800.000 euro. Nel dettaglio sono stati confiscati: un’impresa individuale, operante nel settore edile, con relativo complesso di beni aziendali e 3 appezzamenti di terreno.