Palermo

Giovedì 24 Ottobre 2024

A Palermo l’Albergheria unita tra rabbia e dolore, il padre di Samuele Fuschi: «Non si può morire per una buca»

La camera ardente di Samuele Fuschi, nella casa del padre, all'Albergheria

Il giorno dopo la tragica morte di Samuele Fuschi, in viale Regione Siciliana rimane soltanto un transennamento che ne restringe la carreggiata e segnala la voragine. Automobili e motociclette scorrono frenetiche, mentre Falsomiele, dove risiedono molti amici e parenti della moglie, si stringe intorno alla famiglia Fuschi, in un filo invisibile di dolore e rabbia che arriva fino all’Albergheria, quartiere di origine del trentottenne, dove da ieri, 17 maggio, è allestita la camera ardente (nella foto). I funerali dovrebbero essere celebrati lunedì mattina, 20 maggio, nella vicina chiesa di San Saverio. «Qui è nato e cresciuto ma poi da giovane se n’è andato e non è più tornato - racconta il padre di Samuele, Gaspare Fuschi -, ha fatto la fuitina e si è spostato in un altro quartiere con la famiglia». Falsomiele, appunto. Dove proprio nello stesso stabile della casetta in cui Samuele e la moglie abitavano con i quattro figli, c’è un negozio gestito dai parenti della donna. Ci accoglie Alessio Viviano, cugino acquisito di Samuele. È ancora scosso, le sue mani tremano mentre ci fa vedere le fotografie dei nipotini e di Samuele. «Lui lavorava con la moglie e il fratello di lei - racconta - avevano un banco del pesce sotto il ponte di via Giafar. Si occupava anche delle consegne a domicilio: stava facendo questo quando è stato sbalzato dalla motocicletta per colpa delle condizioni dell’asfalto. Non si può morire in questo modo: la città ormai è sprofondata». Lo sgomento e la tristezza per la morte di Samuele Fuschi vengono offuscate dall’ira e dalla frustrazione per una tragedia «che si doveva evitare». Intanto, nel piccolo appartamento non c’è nessuno. Il corpo di Samuele si trova a casa dei genitori, in una palazzina di due piani in via Michele del Giudice, all’Albergheria. Per raggiungerla attraversiamo lo storico mercato di Ballarò, dove tra turisti e visitatori i volti tornano cupi ad una settimana dai funerali di Giuseppe La Barbera, l’operaio Amap morto nel maledetto cantiere fognario di Casteldaccia. «Un’altra tragedia - dicono alcuni mercatari -, non ne possiamo più». In strada ci sono tanti amici della famiglia, vestiti di nero e con sguardo frastornato. Anche qui il tema non cambia: si discute anche animatamente di una morte che lascia un «retrogusto di furto», dice il papà, Gaspare, mentre le lacrime gli rigano il viso. «Non si può morire in questo modo - prosegue - per una buca. Cosa fa il sindaco? Cosa fa il Comune in generale? Avevo due figli, adesso mi è rimasta solo mia figlia. Si parla tanto di morti sul lavoro: questo cosa è?  Stava andando a consegnare il pesce, come tante volte. Si occupava di fare i domicili per cercare di sfamare la sua famiglia. Ha sempre lavorato fin da ragazzo». Intanto, vicino alla bara è distesa la moglie di Fuschi: piange sul feretro, prova ad abbracciarlo. Le urla sono strazianti. «Come si fa a morire per una buca - continua il padre - come è possibile che possa succedere questo? C’è un'intera città ridotta ad una voragine e non stanno facendo niente. Niente. Mio figlio dava tutto per sua moglie e i suoi bambini». In particolare, Fuschi era «molto orgoglioso» del più grande, Alessio, che a breve avrebbe dovuto sposarsi. Sognava di diventare calciatore, fino allo scorso dicembre giocava con la maglia del Casteldaccia, poi il passaggio al Marineo. Con lui avevamo parlato già negli attimi successivi alla tragedia. E ripete le stesse parole: «Chiederemo giustizia, ora dovrò fare io da padre alla mia sorellina più piccola, di soli quattro mesi».

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