Nino Agostino era un agente in servizio al commissariato San Lorenzo di Palermo e avrebbe fatto parte di un gruppo che collaborava con i servizi segreti per la cattura dei latitanti mafiosi. Questa sarebbe stata la causa della sua morte, decisa da Cosa nostra. I molteplici depistaggi alle indagini sono venuti alla luce anche grazie alla perseveranza di Vincenzo Agostino, il padre, e di sua moglie Augusta Schiera. Un momento, importante, in questa lunga e faticosa battaglia di verità, fu il 26 febbraio 2016, quando nell’aula bunker del carcere Ucciardone ci fu un drammatico riconoscimento all’americana. Vincenzo riconobbe in «faccia da mostro» Giovanni Aiello, ex poliziotto e ritenuto killer che orbitava tra servizi e criminalità: «Io ho fatto il mio dovere. Ora - disse al termine di quella giornata - tocca alla magistratura. Ho riconosciuto "faccia da mostro" anche se era ben truccato. Erano in tre per il confronto, ma l’ho riconosciuto subito. Come ho detto in tutti questi anni, quella faccia è indimenticabile». Vincenzo Agostino, infatti, aveva raccontato ai magistrati che qualche giorno prima del delitto in due erano venuti a cercare suo figlio nella casa di Carini e si erano qualificati come colleghi. Uno aveva un volto butterato, da mostro. «Indimenticabile», appunto.