Cefalù, insegnanti costretti a lavorare gratis o a restituire lo stipendio: arrestata la presidente di una cooperativa
Tutto per avere qualche punto in più in graduatoria. Dietro, in realtà, lo sfruttamento. Avrebbero fatto lavorare più del dovuto personale Ata e docenti che, pur di accumulare punti utili per le graduatorie o di guadagnare qualcosa, sarebbero stati disposti a restituire parte dello stipendio ai datori di lavori. I carabinieri hanno eseguito a Cefalù un'ordinanza del gip di Termini Imerese che ha disposto gli arresti domiciliari per Patrizia Ficicchia (61 anni), presidente del consiglio d’amministrazione della cooperativa La Rocca di Cefalù e il divieto temporaneo di esercitare attività professionale e imprenditoriale nel settore dell’insegnamento per altre quattro persone Al centro dell’inchiesta la coop che esercita l’attività di istruzione secondaria di secondo grado in due istituti partitari della provincia. «L'attività investigativa ha consentito di delineare un grave quadro indiziario - spiegano i carabinieri - in ordine alle condotte estorsive e di sfruttamento che gli indagati avrebbero posto in essere in concorso e con ruoli differenti, in qualità di amministratori e gestori della cooperativa». Grazie alle indagini sono emerse le «modalità di assunzione e impiego, in condizioni di sfruttamento, adottate dagli indagati nei confronti di docenti e personale Ata» già a partire dal 2019. Le vittime sarebbero state costrette, e in alcuni casi anche minacciate, a «prestare la propria attività lavorativa - spiegano ancora gli investigatori - in difformità e in misura sproporzionata alla contrattazione nazionale». I lavoratori si sarebbero trovati costretti perfino a restituire lo stipendio pagato. «Tale dinamica sarebbe stata individuata per 118 dipendenti della cooperativa, in quanto gli indagati avrebbero operato a vantaggio della stessa mantenendo bassi costi di gestione e massimizzando i profitti», concludono dal Comando provinciale. Con lo stesso provvedimento il gip ha disposto il sequestro di 63.500 euro trovati nelle abitazioni degli indagati - e custoditi in alcune circostanze dentro buste con elenchi nominativi del personale dipendente - accusati a vario titolo di sfruttamento del lavoro ed estorsione, e all’interno degli istituti paritari riconducibili alla cooperativa e custoditi in alcuni casi dentro buste con elenchi nominativi del personale.