Per la Procura di Palermo l’omicidio del sindacalista Mico Geraci «venne materialmente realizzato da due giovani, poi entrambi morti ammazzati, uno dei quali, peraltro, ucciso ad opera degli stessi odierni destinatari della suddetta ordinanza cautelare». Secondo alcuni pentiti gli esecutori materiali del delitto sarebbero stati Filippo Lo Coco e Antonino Canu. Il primo venne ucciso il 7 novembre 1998, su ordine dei Rinella, e il secondo il 27 gennaio 2006. I due come raccontano i pentiti «si sarebbero allargati, sarebbero stati due cani sciolti». Canu una prima volta sarebbe stato vittima di un incidente stradale, era il 20 luglio del 1999, ma l’uomo capì che l’incidente nascondeva il tentativo di ucciderlo. Per questo motivo si era rivolto ai carabinieri ai quali aveva reso dichiarazioni anche sul capomafia Salvatore Rinella, il quale, attraverso i «pizzini» aveva chiesto al boss Antonino Giuffrè l’autorizzazione a uccidere Canu. Secondo Giuffrè, diventato collaboratore di Giustizia, Canu era un «soggetto pericoloso» che doveva essere ucciso «perché metteva a segno rapine e richieste di pizzo senza chiedere il permesso ai capifamiglia. L’inchiesta condotta dai carabinieri è coordinata dai pm della procura di Termini Imerese. Il delitto di Geraci sarebbe stato ordinato da Bernardo Provenzano a Salvatore e Pietro Rinella scavalcando il capo mandamento di allora Nino Giuffré. Negli ultimi anni ci sono state le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Emanuele Cecala, Andrea Lombardo e Massimiliano Restivo raccolte dal procuratore aggiunto Marzia Sabella, e dai sostituti Giovanni Antoni e Bruno Brucoli.