Ha acquistato un tablet su Amazon ma a casa il pacco gli è arrivato pressoché vuoto: i cavetti c’erano, del dispositivo elettronico nessuna traccia. Aveva quindi chiesto il rimborso di quasi duecento euro, ma l’azienda gliel’aveva negato. La cliente era riuscita ad ottenerlo solo dopo l’intervento di Federconsumatori. Vittima del raggiro una signora di Bagheria, che lo scorso 10 dicembre aveva effettuato l'acquisto online. Come richiesto al momento dell'ordine, la scatola di cartone le era stata spedita in un punto Amazon indicato ed era stata ritirata dopo due giorni: a prima vista la confezione sembrava perfettamente integra e anche il peso di un chilo e 200 grammi, riportato sull’etichetta, era compatibile con la presenza dell’apparecchiatura. Solo che la sorpresa era all’interno: il tablet ordinato era assente, mentre tutti gli accessori erano stati inviati correttamente. A questo punto la sfortunata cliente aveva scritto al customer care per avere indicazioni sulla procedura da seguire per segnalare la situazione e ottenere la restituzione dei 192 euro già pagati: aveva presentato la denuncia alla polizia e, fiduciosa, ne aveva inoltrato una copia ad Amazon. Tuttavia, con suo grande stupore, il colosso statunitense aveva risposto che il verbale, così come era stato compilato, non era adatto per poter andare avanti con l’indennizzo e quindi la malcapitata era stata invitata a rifarlo in un’altra maniera. Si creava così una situazione di stallo, impossibile da sbloccare, che alla fine ha costretto la signora - fortemente irritata e delusa - a chiedere aiuto allo sportello Federconsumatori, con il supporto di Federica Campo (nella foto sotto), componente dell’ufficio legale dell’associazione. «La società non aveva spiegato in modo chiaro gli elementi che venivano ritenuti necessari affinché la denuncia fosse considerata idonea. Per questo ho inviato una formale diffida ad Amazon, invitandola a tener conto della denuncia già formulata da parte degli organi competenti», dichiara l’avvocato Campo che, nel frattempo, aveva sollecitato l’azienda ad effettuare «il rimborso di quanto ingiustamente pagato per il tablet visto che la signora non è mai entrata nella disponibilità materiale del bene».