Palermo, il fratello del minore accusato del delitto Celesia: «Non sapevo che avesse una pistola»
«Non sapevo che mio fratello avesse una pistola. Non ricordo se la pistola sono stato io a toglierla a mio fratello o se è stato lui a passarmela»: è uno dei momenti più drammatici dell’interrogatorio di garanzia del più grande dei due fratelli arrestati poche ore prima per il delitto di Lino Celesia. G. O., 23 anni, è finito in cella con l’accusa di possesso illegale di arma da fuoco, il suo ruolo nella serata del 21 dicembre nella discoteca Notr3 di via Pasquale Calvi va ricostruito e chiarito: la serata, la lite con Celesia, gli spari, la morte del ragazzo del Cep. Troppi punti oscuri, troppe versioni che non tornano nel racconto dei protagonisti di uno dei più gravi fatti di sangue avvenuti di recente in città. Nel faccia a faccia con il gip Giuliano Castiglia, il procuratore aggiunto Ennio Petrigni e il sostituto Vittorio Coppola, il suo legale di fiducia, l’avvocato Vanila Amoroso, il ragazzo racconta la sua versione. Il gip non ha convalidato il fermo per il possesso illegale di arma, ma per le esigenze cautelari legate alle indagini in corso, per il rischio di inquinamento delle prove, per le versioni fornite dai due indagati e dagli altri interrogati. Il maggiore dei fratelli dice di non ricordare alcuni particolari di quella sera, in parte è colpa dell’alcool. Dopo i primi giorni che seguono il delitto, nelle prossime ore, G. O. potrebbe avere l’opportunità di raccontare tutto ciò che sa sulla maledetta serata del Notr3: il suo legale, Amoroso, ha depositato ieri la richiesta di scarcerazione al Tribunale del Riesame. La Amoroso è in pressing sul suo assistito perché collabori con gli inquirenti, perché aiuti chi indaga a ritrovare la pistola giocattolo che aveva al Notr3. «La pistola che avevo io era a salve», ha detto G. O. a verbale. «Ho comprato la pistola a salve da una persona che ho contattato tramite Telegram» ha sostenuto G. O. davanti al gip. E ha aggiunto di averla gettata in un cestino dei rifiuti della zona della discoteca. Suo fratello aveva appena sparato a Celesia nel retro della discoteca, lui è tornato a casa «alle 4 del mattino. Intorno alle 6 è arrivato mio fratello ma in questo lasso di tempo non ho parlato con nessuno». Anche per il fratello minore, M., l’avvocato Amoroso ha presentato richiesta di Riesame: per lui l’accusa è di omicidio. La linea della difesa è che i fratelli hanno comunque fornito elementi utili alle indagini, aprendosi ad una collaborazione parziale che potrebbe diventare totale. «Non ricordo chi era con me quella sera» è una delle risposte di G. O. nell’interrogatorio di garanzia. E sostiene che in discoteca «ho avuto una rissa con la vittima, Rosolino, un’altra rissa era già accaduta in precedenza. Tra la prima rissa in via dei Chiavettieri e il giorno della rissa in via Calvi (quella del Notr3, ndr) non ci sono stati altri episodi. Non conoscevo la vittima. Ad un certo momento della serata, all’interno dell’area fumatori ho incontrato Rosolino. Ci siamo allontanati per parlare, ma lui mi ha colpito e sono svenuto». Poi, secondo quanto ricostruito finora, le cose sono degenerate: il fratello minore, piccolo, minuto, prende la pistola e fa fuoco contro Celesia. Intanto, gli investigatori della Squadra mobile, coordinati dalla Procura diretta da Maurizio de Lucia, stanno esaminando i video delle videocamere di sorveglianza registrati da un distributore di benzina in via Francesco Omodei e all’ingresso della discoteca Notr3. I frame scorrono lenti sotto gli occhi degli investigatori che intendono dare un nome ad ognuno dei volti dei presenti del retro del locale notturno dove è stato ucciso Celesia. E anche il ruolo di chi è arrivato nel locale poco prima del delitto e che avrebbe un rapporto di amicizia con i due fratelli: uno di loro aveva in mano un rastrello di legno e metallo che viene utilizzato per il giardinaggio. Un’arma impropria, non certo da portare in discoteca se si ha solo voglia di ballare. Il gruppo era nell’area posteriore del Notr3 nel momento in cui sono stati esplosi i colpi di pistola, quando l’ex calciatore del Cep è stato spostato per poi essere caricato su un’ambulanza privata che stazionava davanti al locale e che lo ha portato al pronto soccorso del Civico. Testimoni, complici, fiancheggiatori: le indagini potrebbero chiarire presto la loro parte nella tragedia.