Non tutto filava liscio all’interno della mafia statunitense. Anche lì c’erano malumori e gente che si lamentava per il trattamento ricevuto dalle nuove generazioni che non dimostravano nessun rispetto per chi aveva esperienza, per giunta assicurata da frequentazioni criminali di tutto rispetto. I dissidi tra i due modi di concepire la gestione di Cosa nostra in salsa newyorchese erano venuti a galla in un’intercettazione - captata a dicembre del 2020 dalla polizia locale - tra Vito Gabriele Rappa, ritenuto un affilato delle cosche d’oltreoceano e figlio di don Ciccio, il vecchio boss di Borgetto al quale i capifamiglia della Grande Mela si rivolgevano con deferenza, e Francesco Franky Vicari, un altro uomo d’onore trapiantato negli Usa, che con lui scambiava pareri e impressioni sulla situazione del sodalizio mafioso. Il primo aveva invitato il suo interlocutore a partecipare a una riunione («Tu devi salire Frà, quando facciamo questa mangiata») nel corso della quale si sarebbe potuto giungere a un chiarimento con una persona non meglio identificata: «Ma tu non è che vai da lui?», aveva chiesto Rappa junior, ricevendo però un netto rifiuto da parte dello stesso Vicari. Quest’ultimo, infatti, aveva ribadito di non voler più intrattenere rapporti con nessuno ad eccezione dello stesso Rappa e di un altro, di cui però non aveva pronunciato il nome. « Io ho detto a te: tu e lui e basta - diceva Vicari -. Se siamo io, tu e lui, okay. Possiamo andare pure in cielo. Non voglio vedere più a nessuno perché non hanno rispetto. Se non hanno rispetto né per me e né per te, io non ho rispetto per questi cristiani. Toro seduto mi vede come se fossi un piezzu di canna. Mi saluta per forza, accuddì». E poi rincarava la dose verso quei mafiosi americani, responsabili - secondo lui - di avergli affidato compiti di scarsa importanza: «A sessant’anni, mi vogliono far fare il delivery (in inglese, cioè le consegne, ndr). Non mi scassasero la min... Quando loro sono nati na chistu discursu, io gli ho detto m’assittava chi meghiu cristiani ru munno (mi sedevo con le migliori persone del mondo, ndr). So tutte cose, so più di tutti quanti sono, messi insieme». Ma, oltre al momento delle recriminazioni, c’era anche lo spazio per parlare di affari, ovvero del pizzo che anche a New York veniva imposto al prezzo di seimila dollari al mese in cambio della «sicuranza», cioè della protezione per non avere guai. «Una macchina mi devo andare a comprare e me la deve pagare lui», era il tenore della discussione. «Quello che gli devo dire io lo so. Ma quello che mi deve dire lui lo so pure», aveva puntualizzato Vicari rivolto a Rappa. E Franky, a scanso di equivoci, aveva anche aggiunto che «la sicuranza io gliel’ho data, perché gliela dovevo dare e mi ha stretto la mano e la cosa è rimasta così». In un’altra occasione era stata addirittura la vittima a presentarsi con il denaro necessario per mettersi a posto: «Mi ha chiamato lui, non è che l’ho chiamato io - raccontava ancora Vicari -. Mi ha chiamato con tanta educazione e sono andato a trovarlo con tanta educazione. Grazie e basta, non ti dico più niente. Questa è stata una caramella che era persa».