Ha studiato al liceo classico Umberto, si è laureato in legge, è in polizia da 36 anni, Vito Calvino - anche se tutti lo chiamano Maurizio - è tornato da questore nella sua città, Palermo, dove aveva già diretto la squadra mobile, il commissariato di Brancaccio per cinque anni e per altri due quello di San Lorenzo. Investigatore di razza con una profonda conoscenza delle dinamiche di Cosa nostra, sotto la sua gestione vennero arrestati boss latitanti del calibro di Giuseppe Falsone, Domenico Raccuglia e Gianni Nicchi. Oggi, però, ci sono anche altre emergenze da fronteggiare, come la violenza urbana diventata purtroppo sempre più frequente, la droga che circola in molti quartieri, le bande di ragazzini, molti dei quali minorenni, l'aumento esponenziale della microcriminalità sempre da parte di minori, in azione soprattutto nella zona del centro storico. «Il famigerato fenomeno delle baby gang - ha detto Calvino, intervistato ieri da Marina Turco durante Tgs Sette, il rotocalco settimanale di Telegiornale di Sicilia - temo che abbia molte cause, una delle quali certamente è riconducibile agli effetti della pandemia. Adesso comincia ad avere numeri preoccupanti, ma va combattuto con le armi canoniche della prevenzione e della repressione, cioè quelle che normalmente si mettono in campo, anche se sono molto importanti alcune misure a disposizione dei questori, come gli avvisi orali ai minori. Tutto questo comunque potrebbe non bastare: è necessario infatti un coinvolgimento che parta dalle famiglie, passando dagli oratori fino allo sport, forme di aggregazione importanti che nelle realtà più degradate possono servire a togliere i ragazzi dalla strada. Lo Stato, le associazioni del terzo settore, la chiesa e la scuola devono essere concorrenziali rispetto a chi occupa questi spazi, allettando i giovani con guadagni facili». C’è poi il problema della droga e del crack in modo particolare: «Questa sostanza ha una sua peculiarità ulteriormente negativa, dovuta al suo basso costo, che permette alla criminalità di fare introiti più alti, aumentando così la capacità di assoldare manovalanza, anche minorile. Questo è un aspetto molto serio che stiamo cercando di affrontare in tutti i modi». Un’altra piaga è rappresentata dal pizzo nei confronti di commercianti e imprese: «Ancora non si è riuscito a estirpare del tutto. Però è un motivo in più per continuare a combatterlo con l’aiuto di tutte le associazioni di categoria che sono molto attive e utili. L’attenzione deve essere al massimo, perché il pizzo non è affatto finito, semmai si è modificato: la mafia non rinuncia a controllare il territorio».