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Palermo, storia d'amore fra adolescenti compromessa dalla Blue Whale: lui finisce sotto processo a 15 anni

Il caso si è chiuso con la messa alla prova del ragazzo e la sentenza di non luogo a procedere. La vittima una tredicenne di Pace del Mela, spinta ad atti autolesionistici e a cedere le credenziali social

La sede del tribunale per i minori di Palermo

Una storia d’amore tra minori (quindici anni lui, tredici lei) nasce on line e finisce in tribunale: la relazione infatti è stata compromessa dal fenomeno della blue whale (balena azzurra), una sorta di gioco che nasce on line e porta a indurre qualcuno al superamento di prove sempre più difficili e pericolose. Protagonisti della storia una ragazza di Pace del Mela, in provincia di Messina, e un ragazzo di Palermo. La vicenda ha portato a una denuncia della famiglia della minorenne e a un processo, che si è concluso con la cosiddetta messa alla prova e successivamente con la sentenza di non luogo a procedere. La decisione è del gup del tribunale dei minori di Palermo Maria Pino.

Il giovane era imputato di vari reati contro la persona. Tra le accuse le condotte reiterate volte a molestare la minore, nonché turbarla, provocandole un grave e perdurante stato d’ansia. I comportamenti hanno condotto la vittima ad isolarsi, a stabilire rapporti virtuali, a distruggere la propria vita relazionale, a compiere atti autolesionistici, nonché alla redazione di varie lettere suicide, rinvenute dalla madre, e, dunque, al fenomeno della blue whale challenge, in voga tra i giovanissimi soprattutto nel periodo in cui i fatti si svolgono. E ancora «per aver utilizzato abusivamente gli account della minore, al fine di controllare i messaggi inviati-ricevuti di lei, per aver offeso la reputazione della minore, pubblicando su un gruppo Whatsapp un video che mostrava la ragazza mentre si recava in bagno».

La vicenda processuale ha avuto inizio il 30 novembre 2018. I carabinieri di Lipari hanno acquisito la notizia di reato, che sarebbe stato perpetrato da un ragazzo di 15 anni ai danni di una minore di 13 anni, di Pace del Mela. A sporgere denuncia gli stessi genitori della vittima, che si trovavano a Lipari, assistiti dall’avvocato Francesco Rizzo. Gli atti sono stati così trasmessi alla procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni di Messina che, in sede di incidente probatorio, ha sentito la minore in sede protetta, presso il comando provinciale dei carabinieri. Successivamente, gli atti sono stati trasmessi a Palermo, dove inizialmente venne chiesta l’archiviazione. Contro questa richiesta la famiglia della ragazza ha presentato opposizione. Il gip Alessandra Puglisi ha disposto l’imputazione coatta e la procura per i minori chiesto il rinvio a giudizio.

La vicenda iniziò con la conoscenza online dei due minori, incontro favorito da un’amica della persona offesa. Tra i due ebbe inizio una relazione che, benché dapprima risultasse una storia amorosa innocente fra giovanissimi, si trasformò ben presto in un turbolento e inquietante tormento. Il ragazzo, colto da gelosia morbosa, cominciò a richiederle, come gesti d’amore, comportamenti autodistruttivi. Fu la madre della minore ad accorgersi degli strumenti adoperati per l’autolesionismo. Poi il ragazzo chiese alla fidanzatina anche le credenziali degli account social. In stato di soggezione, la giovane acconsentì alle richieste. I due si incontrarono presso la città del minore. Ad accompagnarla fu l’amica (ed il padre di quest’ultima), la quale, a sua volta, aveva intrapreso una relazione amorosa con un coetaneo e concittadino del ragazzo.

Nei giorni successivi la madre della minore trovò gli strumenti utilizzati per le pratiche autolesionistiche. Iniziò così un accurato confronto, dal quale la madre capì che la figlia aveva cominciato ad accusare sintomi depressivi, successivamente certificati dal reparto di Neuropsichiatria del Policlinico di Messina. La minore si era procurata lesioni varie (tagli ripetuti) in diverse parti del corpo tramite lamette custodite all’interno dell’astuccio personale; aveva prodotto anche contenuti hard, inviati in un successivo momento al minore.

La madre decise di attivarsi tramite le vie legali e chiese l’intervento dell’ex marito, padre della minore. Successivamente alla consegna dello smartphone della figlia, i due genitori si accorsero della gravità dei fatti, nonché delle lettere suicide (scritte dalla minore) rinvenute presso la stanza della ragazza. Decisero così di rintracciare i genitori del minore. Ma benché i due fossero stati allontanati, la relazione continuò via etere.

Presto la situazione degenerò, perché il ragazzo si immetteva negli account della vittima per diffamarla. Inviò anche un video registrato dalla giovane mentre si trovava in bagno. I genitori decisero di rivolgersi all’autorità giudiziaria. Scattò la denuncia e successivamente l’opposizione alla richiesta di archiviazione, che portò all'imputazione e al processo, dove è stata chiesta la messa alla prova del minore. Richiesta accolta dopo varie ammissioni da parte del ragazzo dell’attività criminosa svolta. Successivamente è stata depositata la sentenza di non luogo a procedere.

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