Il giudice Paolo Borsellino, oltre ad avere l’agenda rossa che portava sempre con sé, sparita subito dopo la strage di via D’Amelio, aveva anche un’altra agenda marrone in cui segnava tutti i numeri di telefono delle persone a lui più vicine e che non è mai stata repertata. Un’agenda che Lucia Borsellino ha consegnato alla Commissione parlamentare antimafia nel corso dell’audizione svoltasi oggi, 24 ottobre. «L’abbiamo custodita per 30 anni - ha detto Lucia Borsellino - senza avere mai saputo che non avesse ricevuto alcuna attenzione sotto il profilo delle indagini». Alla commissione sono state consegnate delle copie scansionate. «Sarà mio padre – ha aggiunto - a far comprendere chi erano le persone di cui si fidava e quelle di cui non si fidava. Per evitare strumentalizzazioni vorrei dare la mia lettura. In quell’agenda troverete tutti i numeri delle persone vicine a mio padre aggiornata alla mattina del 19 luglio. Si trovano per tre quarti numeri di magistrati e per il resto di familiari. Troverete un surplus di numeri di persone che mio padre aveva necessità di raggiungere in qualunque momento oppure di persone come Giammanco che per questioni lavorative doveva raggiungere. Non troverete i numeri di chi non aveva queste frequentazioni. Me ne assumo la responsabilità. Per i numeri che non troverete lascio a voi ogni valutazione». Lucia ha anche riferito di essere certa che il padre, il giorno della strage, aveva con sé l’agenda rossa e che era all’interno della borsa. «Mio padre non si separava mai da quell’agenda». Il più grande depistaggio della storia, parte proprio dalla scomparsa dell’agenda rossa, un «depistaggio – ha detto l’avvocato Fabio Trizzino, legale dei figli del magistrato – iniziato sin da subito», ricordando che la borsa del giudice non venne repertata, «come se si trattasse di qualcosa che non meritasse attenzione. Inoltre, non è stato acquisito il traffico delle telefonate in entrata di Borsellino». Un depistaggio poi proseguito con il falso collaboratore di giustizia, Vincenzo Scarantino. La moglie dell’ex picciotto della Guadagna, Rosalia Basile, nel febbraio del 1994, citofonò alla famiglia Borsellino e chiese di parlare con la moglie del magistrato. Voleva raccontare dei maltrattamenti e delle torture subite dal marito nel carcere di Pianosa per costringerlo a parlare. «Ritenemmo - ha detto Lucia Borsellino - quell’incursione poco opportuna e il mio fidanzato di allora, un poliziotto della Scientifica, non le consentì di salire a casa». Venne fatta una relazione di servizio, che fu inviata anche al capo della Scientifica, ma quella relazione non è mai finita negli atti dei processi e il poliziotto venne sentito solo nel 2016. Trizzino si è soffermato ancora una volta sul dossier mafia e appalti, perché ritiene che la risposta all’accelerazione della strage sia contenuta in quell’inchiesta. «Non lo dico io - ha spiegato il legale -, lo dicono le sentenze definitive». «È stato un ciclo di audizioni – ha sottolineato Raoul Russo, senatore di Fratelli d’Italia e componente della commissione Antimafia - molto importante nell’ambito delle quali è stata fatta una ricostruzione fattuale estremamente complessa ma precisa che sicuramente dà una chiave di lettura importante sulla strage di via D’Amelio, legata prepotentemente all’inchiesta mafia-appalti. Non possiamo far altro che ringraziare Lucia Borsellino e suo marito, l’avvocato Trizzino, per lo sforzo compiuto in queste lunghe sedute nel ricostruire, sia pure dolorosamente, i fatti avvenuti in quei 57 giorni che separano la strage di Capaci da quella di via D’Amelio. Siamo sicuri che il lavoro della Commissione sarà nei prossimi mesi, alla luce degli elementi emersi fin qui, il più completo possibile e coerente per portare quantomeno ad una verità storica sulle stragi». «Un enorme "grazie" a Lucia Borsellino - ha commentato Carolina Varchi, deputato e capogruppo in Commissione giustizia di Fratelli d’Italia - che oggi ha voluto consegnare alla commissione Antimafia la copia di un’agenda del padre Paolo, contenente riferimenti importanti. Un atto coraggioso che dimostra il desiderio della famiglia Borsellino di una verità completa sui giorni delle stragi. Sappiano, Lucia e i suoi familiari, che quella sete di verità è anche la nostra». Secondo Varchi, che è anche vicesindaco di Palermo, è «molto positivo il filone aperto dalla nostra presidente Chiara Colosimo, che ha intuito l’utilità dell’inchiesta sui giorni che separano la strage di Capaci da quella di via D’Amelio. Fratelli d’Italia non esiterà mai nel portare avanti questa operazione di ricostruzione della verità storica. Lo dobbiamo alla famiglia Borsellino, ma anche ai tanti italiani come noi che, nell’agire di ogni giorno, non dimenticano gli insegnamenti dei nostri eroi caduti per combattere Cosa nostra. Una democrazia che conosce tutta la sua storia - conclude Varchi - è una democrazia più forte».