È attesa in giornata (giovedì 19 ottobre) la sentenza della Cassazione sul cosiddetto sistema Saguto. Il processo nasce da una indagine condotta a Palermo su illeciti nella gestione dei beni sequestrati alla mafia e ha come protagonisti principali Silvana Saguto, ex presidente della sezione misure di prevenzione, nel frattempo radiata dalla magistratura, alcuni suoi familiari e i professionisti del cosiddetto «cerchio magico» dell'allora giudice, che, secondo l’accusa, avrebbe gestito le nomine degli amministratori giudiziari a suo piacimento in cambio di regali e favori per sé e i suoi congiunti. Silvana Saguto in appello è stata condannata a 8 anni e 10 mesi per corruzione, falso e abuso d’ufficio, una lieve riduzione rispetto al primo grado perché i giudici non ritennero sussistente il reato di associazione a delinquere. Se la pena fosse confermata, per l’ex magistrato si aprirebbero le porte del carcere. A rischiare la galera, in caso di conferma del verdetto, sono anche il marito Lorenzo Caramma, che ebbe 6 anni, e gli amministratori giudiziari favoriti, secondo l’accusa, dal magistrato, come l’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, che ebbe 7 anni e 7 mesi, e Roberto Santangelo, condannato a 4 anni e 2 mesi. A pene minori di 3 anni, quindi sospese, furono condannati gli altri imputati, per i quali, in caso di conferma, dunque, non scatterebbe la detenzione: il figlio di Silvana Saguto, Emanuele Caramma (3 mesi), l’ex prefetto di Palermo Francesca Cannizzo (3 anni), il professore della Kore di Enna ed ex amministratore giudiziario Carmelo Provenzano (3 anni); l’amministratore giudiziario Walter Virga (un anno e 4 mesi); Rosolino Nasca, colonnello della Finanza (2 anni e 8 mesi); il preside della facoltà di Giurisprudenza della Kore Roberto Di Maria (un anno e 10 mesi); la moglie e la cognata di Provenzano, Maria Ingrao, e Calogera Manta (2 anni e 8 mesi). Se la Cassazione non dovesse confermare la sentenza si aprirebbero due scenari: quello assai improbabile dell’annullamento senza rinvio, che comporta l’assoluzione degli imputati, o un rinvio in appello per il ricalcolo delle pene, che potrebbe essere determinato dalla prescrizione di alcuni reati o dall'assoluzione per singoli capi di imputazione.