L’analisi del dispositivo richiederà tempo. Ma a caldo si può dire senz’altro che in Cassazione il castello di accuse messo su nei confronti dell’ex giudice Silvana Saguto e del suo cosiddetto cerchio magico ha retto solo in parte. La magistrata palermitana, nel frattempo radiata, finì al centro di una indagine sulla cattiva gestione della sezione misure di prevenzione di cui per anni era stata presidente, passando da icona antimafia a presunta collettrice di mazzette. In sintesi i pm di Caltanissetta, che l’accusavano di corruzione, falso, peculato e tentata concussione, le imputavano di aver favorito nell’assegnazione degli incarichi di amministratore giudiziario dei patrimoni confiscati ai mafiosi professionisti a lei graditi. Tutti finiti sotto processo. In appello Saguto ebbe otto anni e 10 mesi: una condanna pesante che, se fosse stata oggi confermata, avrebbe spalancato per l’ex toga le porte del carcere. E invece, dopo una lunga camera di consiglio, la Suprema corte ha annullato senza rinvio il verdetto in diverse parti (quelle relative alle contestazioni di falso, peculato e tentata concussione), ha disposto un nuovo processo di secondo grado per valutare alcune delle imputazioni e ha confermato le pene inflitte alla Saguto per due episodi di corruzione. Stessa sorte ha avuto la maggior parte dei coimputati che dovranno dunque attendere un nuovo processo davanti alla corte d’appello di Caltanissetta alcuni per la sola rideterminazione della pena alla luce degli annullamenti di oggi, altri per la valutazione nel merito. E’ il caso del finanziere Rosolino Nasca, del marito e del figlio di Saguto Lorenzo ed Emanuele Caramma, dell’amministratore giudiziario Gaetano Cappellano Seminara, uno dei professionisti che, secondo l’accusa, sarebbero stati favoriti e condannato in secondo grado a 7 anni e 7 mesi, degli amministratori giudiziari Roberto Santangelo e Carmelo Provenzano. Al marito dell’ex giudice, l’ingegnere Lorenzo Caramma si imputava di aver beneficiato illecitamente di incarichi in procedure di prevenzione, al figlio di essersi fatto fare la tesi dal professore Carmelo Provenzano, che, in cambio, avrebbe gestito patrimoni mafiosi. Non tornerà in un’aula di giustizia invece l’ex prefetta Francesca Cannizzo, a cui veniva imputato di aver raccomandato un conoscente presso la Saguto, reato per cui ha avuto 3 anni in appello ora definitivi. Escono, invece, definitivamente assolti, l’amministratore giudiziario Walter Virga, Maria Ingarao e Calogera Manta, rispettivamente moglie e figlia di Provenzano, e il docente Roberto Di Maria per i quali la corte ha disposto un annullamento secco delle condanne. Virga, figlio del giudice Tommaso Virga, messo alla guida, questa la tesi dei pm, dell’impero sequestrato agli imprenditori Rappa, senza avere alcuna esperienza, ebbe in appello un anno e 4 mesi. Saguto lo avrebbe scelto per indurre il padre, ex componente del Csm, ad appoggiarla al Consiglio Superiore della Magistratura. «Non commento le sentenze», ha detto il legale della magistrata, l’avvocato Ninni Reina che ha difeso Saguto dall’accusa di aver creato una «corte» di fedelissimi che l’avrebbe ricambiata con favori, incarichi per il marito, regali, crediti di migliaia di euro in supermercati confiscati alla mafia e denaro.