Il procedimento era in dirittura di arrivo e il tribunale avrebbe dovuto decidere sulla proposta di misure di prevenzione personale e sulla confisca dei beni fatte dalla Procura di Palermo a carico dell’ex senatore Marcello Dell’Utri, ma, a sorpresa, i pm hanno depositato agli atti una valanga di documenti nuovi tra cui la relazione fatta dalla Dia di Firenze nell’ambito dell’inchiesta del capoluogo toscano che vede coinvolto l’ex manager di Publitalia per strage. Ai giudici non è rimasto che rinviare per osservazioni l’udienza al 6 dicembre, mentre è definitivamente chiusa la fase cautelare del procedimento, visto che la Cassazione, come chiedevano i legali dell’ex politico, gli avvocati Francesco Centonze e Francesco Bertorotta, ha respinto la richiesta di sequestro del patrimonio di Dell’Utri. Nella lunghissima nota della Dia depositata al tribunale, si ricostruiscono, tra l’altro, tutti gli esborsi di denaro che, negli anni e fino a poco prima della sua morte, Berlusconi avrebbe fatto avere alla famiglia Dell’Utri. Un compenso per la sua attività di intermediazione tra Cosa nostra e Berlusconi, secondo i pm, e del silenzio dell’ex senatore sull’origine delle ricchezze dell’ex premier. La Dia arriva a sostenere che per sottrarre i beni alla scure delle misure di prevenzione l’ex politico avrebbe addirittura messo in scena la sua separazione e poi il divorzio dalla moglie Miranda Ratti cercando «uno strumento per rendere non aggredibili da parte dell’autorità giudiziaria i beni riconducibili a Dell’Utri» e «per consentire a Berlusconi di far pervenire elevate somme di denaro formalmente svincolate da rapporti tra i due». Tesi respinte dagli avvocati dell’ex manager che, almeno nella fase cautelare, hanno incassato una vittoria. Per i legali «il rapporto professionale tra Dell’Utri e Berlusconi ha avuto origine nella loro amicizia ed è proseguito in ragione delle capacità professionali del senatore e non certo, come sostenuto dall’accusa, per la sua vicinanza a Cosa Nostra». Opinione condivisa dai giudici, che hanno rigettato l’istanza di sequestro, secondo i quali le elargizioni di denaro potrebbero essere state determinate dal decennale rapporto di amicizia tra il Cavaliere e il manager. La mafia, inoltre, per la difesa, non avrebbe mai effettuato, attraverso l’intermediazione di Dell’Utri, «investimenti nelle imprese del Gruppo Berlusconi tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta e in nessuna delle sentenze pronunciate nei confronti di Marcello Dell’Utri è stato accertato che questi abbia tratto un tornaconto economico, dai pagamenti effettuati da Silvio Berlusconi in favore di Cosa Nostra, dal 1974 al 1992». La «vera causa delle donazioni e le altre liberalità ricevute da Silvio Berlusconi - spiegano i penalisti - è l’amicizia e la riconoscenza che quest’ultimo ha sempre nutrito» nei confronti dell’ex senatore «e che ha espresso in più occasioni, anche avanti all’autorità giudiziaria, per i grandi risultati manageriali ottenuti».