È stata fissata per l’8 febbraio del 2024 la prima udienza per la vendita all’asta della Casa Memoria Peppino e Felicia Impastato di Cinisi che era stata pignorata in seguito alla sentenza esecutiva del tribunale civile, emessa più di tre anni fa dal giudice Antonina Giardina. Sull’abitazione in cui viveva Peppino Impastato, ucciso dalla mafia il 9 maggio del 1978, diventata uno dei simboli della legalità, pesava un debito di oltre 130 mila euro, contratto dal fratello del fondatore di Radio Aut, Giovanni Impastato, nei confronti dell’attore e cabarettista Dario Veca. Quest’ultimo, perse le speranze di riavere quanto sborsato, aveva poi ottenuto il pignoramento dei beni di Impastato, tra cui appunto la Casa Memoria, ricevuta in eredità dopo la morte nel 2004 della madre Felicia. Il rischio è che l’abitazione di Corso Umberto I 220, possa andare perduta e con essa la memoria e il valore dell’impegno contro la mafia che Felicia ha rappresentato e incarna ancora nonostante siano passati tanti dalla sua scomparsa.
Inizialmente il giudice per l’Esecuzione, Gianfranco Pignataro, aveva deciso il 19 ottobre come data per dare il via alla liquidazione ma è stata rinviata perché l’esperto estimatore, ovvero il perito nominato per determinare il valore delle proprietà, ha chiesto una proroga di tre mesi per depositare la relazione «in considerazione degli accertamenti da effettuare per dare risposta esauriente al quesito relativo alla regolarità urbanistico-edilizia dei beni da stimare». La procedura per l’asta immobiliare prevede che - assieme al luogo del ricordo del giovane militante di Democrazia Proletaria - vengano messi a disposizione dei possibili acquirenti anche altri sette lotti che comprendono tra l’altro un magazzino, la casa in cui vive lo stesso Giovanni Impastato, e alcuni terreni.
Il contenzioso era cominciato nel dicembre del 2000: Veca, che all’epoca era uno dei responsabili della società di vigilanza gestito dalla sua famiglia, aveva firmato con Impastato un preliminare per l’acquisto di un immobile vicino alla vecchia stazione di Cinisi versando 420 milioni di vecchie lire, cioè l’intero valore dell’appartamento. Un attestato di fiducia verso «una persona che consideravo un amico e che, grazie alle sue conoscenze, mi aveva promesso di darmi una mano per ottenere qualche parte nel mondo del cinema», spiega Veca che già nel film I Cento Passi aveva interpretato il braccio destro di don Tano Badalamenti, il boss di Cinisi che aveva ordinato l’omicidio di Peppino. Il rogito notarile per concludere l’affare venne rinviato per sette anni fino a quando «Giovanni mi comunicò che la casa era coperta da un’ipoteca - racconta Veca - e che quindi mi avrebbe rimborsato l’intera somma. Cosa che però non è mai avvenuta, mi ha restituito solo una parte dei soldi, circa 79 mila euro, e poi mi ha consegnato alcuni assegni che purtroppo sono tornati indietro non pagati». Anche perché, in quel momento, Impastato stava affrontando molte spese per la ristrutturazione della sua pizzeria nei pressi dello svincolo di Villagrazia di Carini e per tre cause di lavoro perse contro ex dipendenti.
Ed è a questo punto che Veca capisce che ci sono poche possibilità di riavere i propri soldi, quindi fa causa e la vince: per Impastato arriva la condanna del tribunale che gli impone di pagare circa 130 mila euro, una cifra importante di cui il fratello di Peppino non disporrebbe. «Allora - continua Veca - ho chiesto a Giovanni di cedermi un suo bene, anche una casa, per chiudere la partita. Lui, invece, avrebbe voluto darmi 250 o 300 euro al mese ma solo quando ne avrebbe avuto la possibilità. Una proposta che non ho accettato perché di questo passo il debito si sarebbe stato estinto in almeno 45 anni e non credo di poter vivere fino a 130 anni per rivedere i miei soldi». Da qui il mandato a un avvocato per l’atto di pignoramento di tutti i beni immobili di Impastato, anche della Casa Memoria, museo e luogo simbolo della lotta alla mafia: «Non ho nulla contro la Casa Memoria - sottolinea Veca -. Sono stato costretto mio malgrado a pignorare tutti i beni di Giovanni, a me interessa semplicemente recuperare quanto dovuto». Veca ha anche scritto una mail al presidente della commissione Antimafia regionale, Antonello Cracolici, in cui denuncia i comportamenti di Impastato: «Può una tale persona andare nelle scuole e parlare ai ragazzini di legalità e antimafia? I nostri figli e i nostri nipoti devono essere salvaguardati da tutto e da tutti al di là delle loro parentele». Laconica la replica di Giovanni Impastato: «È una storia vecchia, i giudici verificheranno. Non ho altro da dire».
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