«Sono stanca, mi state portando alla morte. Io stessa, anche senza questi commenti, non ce la faccio più. Non ho voglia di lottare né per me né per gli altri. Non posso aiutare nessuno se sto così». È lo sfogo della diciannovenne stuprata a Palermo da sette ragazzi a luglio. La vittima commenta così su Instagram un post in cui la si accusa di aver acconsentito al rapporto con il gruppo di stupratori. «Non serve a nulla continuare, pensavo di farcela ma non è così», aggiunge. E ancora: «Se riesco a farla finita, porterò tutti quelli che volevano aiutarmi sempre nel mio cuore». Già tre giorni fa la diciannovenne si era espressa sui social contro chi la attacca. «Sinceramente - aveva detto su Instagram - sono stanca di essere educata quindi ve lo dico in francese, mi avete rotto la m...con cose del tipo "Ah ma fa i video su TikTok con delle canzoni oscene", "È normale che poi le succede questo", oppure "Ma certo, per come si veste"». «Me ne dovrei fregare - aveva aggiunto la vittima su Instagram - ma non lo dico per me, di non sparare stronzate, più che altro se andate a scrivere cose del genere a ragazze a cui succedono cose come me e fanno post come me potrebbero ammazzarsi. Sapete che significa suicidio? Purtroppo per voi mi ci asciugo il c... con sti commenti inutili perché sennò avrei già tolto i TikTok quando la notizia è saltata fuori perché già sapevo che qualcuno avrebbe fatto lo scaltro a dire stronzate, ma io rimango me stessa». Il Garante per la protezione dei dati personali ha avviato intanto un’istruttoria nei confronti dei siti che hanno diffuso le generalità della ragazza. L’Autorità si riserva di adottare i provvedimenti ritenuti necessari e di informarne l’autorità giudiziaria. L’Autorità nei giorni scorsi ha emanato specifici provvedimenti di avvertimento volti a richiamare l’attenzione sull’esigenza di rispettare i parametri normativi a difesa delle vittime di violenza sessuale. La diffusione dei dati personali della ragazza, ha ricordato il Garante, oltre che in contrasto con la normativa in materia di protezione dei dati personali, viola un preciso precetto penale (art. 734 bis c.p.). Il Garante richiama quindi nuovamente tutti gli operatori dell’informazione e, più in generale, chiunque ritenga di occuparsi pubblicamente della vicenda, ad astenersi dall’ulteriore divulgazione delle generalità della vittima e ad adottare forme di comunicazione coerenti con la tutela della dignità della persona, evitando di aggiungere - seppur involontariamente - violenza a violenza. Nel mondo social, ad ogni modo, l'identità della vittima è nota. Tanto che i suoi post hanno migliaia di commenti, la stragrande maggioranza dei quali di solidarietà.