«Cosa nostra non è affatto in ribasso: 32 anni dopo l’omicidio di Libero Grassi il suo brand è ancora forte ma le manca un elemento essenziale, il vertice unitario che ne aveva contraddistinto la forza e l’impatto stragista, negli anni ’70, ’80 e ‘90». Ciò nonostante, dice il procuratore di Palermo Maurizio de Lucia, nell’intervista rilasciata a Riccardo Arena sia per il Giornale di Sicilia che su Tgs, che la pubblicheranno e la manderanno in onda martedì 29 agosto, anniversario del delitto Grassi, «in Sudamerica e nel Nordamerica, a New York e in Canada in particolare, considerano la mafia delle nostre parti alla stregua di quell’organizzazione apparentemente invincibile». La mafia è in affari per la cocaina con la ndrangheta e i cartelli dei narcos ma ha ancora bisogno del pizzo: in questo senso risalta ancora di più l’esempio di Libero Grassi, «un cittadino che fa il cittadino» e che decide, con la lettera al caro estortore, pubblicata dal Giornale di Sicilia il 10 gennaio 1991, di avviare la ribellione. Grassi lo fece in tempi bui e pagò con la vita. Ai nostri tempi nessuno vedeva il latitante (a casa sua) Matteo Messina Denaro. Alla cui cattura de Lucia ha dedicato un libro (in uscita domani), dal titolo La cattura, scritto col giornalista Salvo Palazzolo per Feltrinelli. L'intervista completa sul Giornale di Sicilia domani in edicola