Mattarella: «La Repubblica si inchina alla memoria di Paolo Borsellino e degli agenti della sua scorta»
Le celebrazioni a Palermo in ricordo di Paolo Borsellino e della sua scorta, sotto l’egida delle parole del capo dello stato, segnano una linea di demarcazione tra l’ufficialità e la piazza: caratterizzata da due cortei, distinti e distanti (quello serale organizzato tradizionalmente dalla destra e quello del coordinamento 19 luglio). E mettono in evidenza l’approccio differente tra i familiari del giudice assassinato nella giornata della memoria. Manfredi Borsellino, figlio del magistrato, ha partecipato alla cerimonia nella caserma Lungaro donando alla premier Giorgia Meloni - che aveva deposto una corona sulla lapide dedicata ai poliziotti uccisi - un ritratto del padre, ringraziandola per la presenza. Salvatore, fratello di Paolo, ha parlato in via D’Amelio assicurando: «Mai nessuna delle personalità salirà su questo palco». Lucia e Fiammetta, le due figlie del giudice, non erano a Palermo. Ma al di là dei toni, la tensione tanto temuta alla vigilia non c’è stata. Sono rimaste le polemiche. Giorgia Meloni e la segretaria del Pd Elly Schlein, entrambe in città, non si sono incrociate. Il primo dei due cortei, quello con lo slogan "Basta Stato-Mafia" organizzato dalla Cgil e dalle Agende rosse assieme a una ventina di altre associazioni e movimenti di sinistra, si è svolto senza alcun problema. E in serata la tradizionale fiaccolata della destra fino al luogo dell’attentato è stato il sigillo a questo 31esimo anniversario. Ad aprirlo, in mattinata, sono state le parole nette del Capo dello Stato Sergio Mattarella: «La Repubblica si inchina alla memoria di Paolo Borsellino, magistrato di straordinario valore e coraggio, e degli agenti della sua scorta». «Il loro esempio - riflette il presidente della Repubblica citando anche Giovanni Falcone - ci invita a vincere l’indifferenza, a combattere le zone grigie della complicità con la stessa fermezza con cui si contrasta l’illegalità, a costruire solidarietà e cultura dove invece le mafie puntano a instillare paura». Niente fiaccolata serale e solo l’ufficialità per la premier, con l’obiettivo di non creare altre polemiche dopo quelle della vigilia. Meloni che dopo avere deposto la corona in caserma ha visitato le tombe di Borsellino e Falcone e poi ha presieduto il Comitato per l’ordine e la sicurezza, alla presenza del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. Concedendosi in Prefettura alla stampa per chiarire i motivi della sua assenza alla fiaccolata dove è sempre stata presente: «Mi ha stupito quello che ho letto: una polemica inventata sul fatto che avrei scelto di non partecipare alla manifestazione per paura di essere contestata. Chi mi può contestare? La mafia? La mafia può contestare un governo che ha fatto tutto quello che andava fatto sul contrasto alla criminalità organizzata. Ma io non sono mai scappata in tutta la mia vita. Io sono un persona che si permette sempre di camminare a testa alta. Sono qui oggi e sarò qui sempre per combattere la mafia». La sua assenza alla tradizionale fiaccolata organizzata dalla destra è dovuta anche a questioni di «agenda», avendo assicurato la sua presenza a Civitavecchia in serata. «Siamo convinti che la battaglia contro la mafia si possa vincere - ha affermato - Lo Stato ha inferto in questi mesi colpi importantissimi contro la criminalità organizzata. Continuo a fare il mio lavoro con le persone che in buona fede ce la mettono tutta per cercare di fare vincere lo Stato». E «non mi pare che ci sia stata alcuna forma di allentamento in tema di lotta alla criminalità organizzata, anzi», ha aggiunto. Di tutt’altro avviso i toni usati dal coordinamento 19 luglio durante il corteo partito dall’albero Falcone e che ha raggiunto via D’Amelio, dove si è unito alle Agende rosse. «Voi siete i benvenuti, qui su questo palco non ci saliranno mai e poi mai quelle personalità per la cui presenza all’albero Falcone il 23 maggio siete stati fermati, e vi hanno impedito di unirvi al ricordo - ha detto Salvatore Borsellino - La premier Meloni non è venuta qui per paura delle contestazioni, ma quelli respinti e manganellati siamo noi». Alle 16.58 le note del silenzio hanno reso omaggio alle vittime di via D’Amelio, i loro nomi sono stati letti dal palco. Applausi e commozione. In serata la fiaccolata della destra chiude il 31° anniversario.