Questo sito contribuisce all’audience di Quotidiano Nazionale

«Io tra i primi in via D'Amelio: era una scena di guerra», il ricordo del poliziotto Policheni

Il vice ispettore: «Ero di pattuglia con altri due colleghi in una Palermo deserta, ho avuto un mancamento»

«Ricordo una domenica caldissima, io ero di pattuglia con altri due colleghi in una Palermo deserta: erano quasi tutti al mare. Noi ci trovavamo a poche centinaia di metri da via D’Amelio. Stavamo soccorrendo una donna che aveva forato una gomma quando all’improvviso abbiamo sentito un fortissimo boato. Si è alzata una colonna di fumo, l’abbiamo seguita e siamo arrivati in via D’Amelio, dove ci si è presentata una scena da guerra». A parlare, in un filmato postato dalla polizia di Stato, è Vincenzo Policheni, che il 19 luglio 1992, giovane agente delle volanti di Palermo, fu tra i primi ad arrivare sul luogo dell’attentato.

«Non potevamo entrare nella via - ricorda il vice ispettore Policheni - e stiamo rimasti all’imbocco cercando di capire cosa era successo. Ad un certo punto è uscita una persona, era Antonio Vullo, col volto bruciacchiato, che ci ha detto cosa era accaduto e che i suoi colleghi erano a terra a pezzi insieme al magistrato. Arrivato lì ho notato brandelli di carne, fuoco, le armi dei colleghi che sparavano da sole a terra perché i proiettili a contatto col fuoco esplodevano. Ho avuto un mancamento, dei conati di vomito, non si vedevano persone vive».

«Mi sono sentito vuoto», prosegue il poliziotto: «mi sono reso conto che potevano farci quello che volevano, che la mafia ci poteva colpire quando voleva ed era più forte di noi. Si respirava un’aria pesante a Palermo in quei giorni dopo la strage di Capaci e posso capire con che stato d’animo i colleghi scortavano alcune persone come Borsellino. Ci voleva un senso del dovere spiccato; era più facile andare via che rimanere e rischiare. Per questo penso che i colleghi morti devono essere considerati eroi».

Caricamento commenti

Commenta la notizia