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Morta per overdose di chemio al Policlinico di Palermo: seconda condanna per l'ex primario Palmeri

Diciotto mesi per falso ideologico: non avrebbe dato atto nella cartella clinica che alla paziente, Valeria Lembo, era stato somministrato il sovradosaggio

Valeria Lembo

Una nuova condanna per l’ex primario del reparto di Oncologia del Policlinico di Palermo, Sergio Palmeri, per la drammatica e triste vicenda di Valeria Lembo, la donna di 34 anni morta il 29 dicembre 2011 per una dose killer di un potente farmaco chemioterapico, dopo un’agonia di tre settimane. Il medico è stato condannato a un anno e sei mesi per il falso ideologico relativo alla cartella clinica legata al ricovero - che precedette il suo decesso -: l’accusa era di non aver dato atto che le era stato somministrato il sovradosaggio del farmaco chemioterapico. Assolta invece, «perché il fatto non costituisce reato», l’infermiera Anna Basile.

Per la morte della Lembo, Palmeri in Cassazione è stato condannato a 3 anni. Ora, davanti al giudice monocratico del tribunale, Emanuele Nicosia, il nuovo verdetto che prevede - in solido con l’Azienda ospedaliera Policlinico - anche di rimborsare le spese di giudizio sostenute dalle parti civili: il marito della donna, Tiziano Fiordilino (assistito dall’avvocato Vincenzo Barreca), il figlio e i genitori di Valeria, Carmelo e Rosa Maria Lembo (avvocato Vincenzo Cammarata).

Al Policlinico, la Lembo era andata per curarsi: le diedero 90 milligrammi - e non 9 - di Vinblastina, il farmaco chemioterapico che se assunto in dosi massicce diventa micidiale, tanto che morì dopo sofferenze atroci. La storia fu raccontata in anteprima dal Giornale di Sicilia. Il processo ha ricostruito cosa avvenne l’8 dicembre 2011, cioè il giorno successivo alla somministrazione dei 90 milligrammi del farmaco chemioterapico. Secondo l’accusa, nel convocarla al Policlinico per il ricovero, il medico non avrebbe dato atto nella cartella clinica che le era stato somministrato il sovradosaggio e avrebbe scritto che la paziente in trattamento antiblastico era in discrete condizioni generali.

La caposala Basile era accusata di falsa testimonianza perché - nel processo principale per l’omicidio colposo della donna - era stata sentita come testimone e aveva riferito che l’infermiera Clotilde Guarnaccia (assolta in via definitiva dall’accusa di omicidio colposo) non le aveva detto, nel momento in cui aveva chiesto una quantità così elevata del farmaco chemioterapico, che serviva per la donna. La caposala aveva dichiarato di aver preparato una quantità così grande di farmaco indipendentemente dalla richiesta avuta, e di averlo fatto perché si era in prossimità delle vacanze di Natale.

La Cassazione ha chiuso il processo per il decesso della Lembo condannando il medico che materialmente scrisse 90 milligrammi in cartella, firmando la condanna a morte di Valeria: lo specializzando, all’epoca dei fatti, Alberto Bongiovanni, che aveva avuto 3 anni e 5 mesi; Palmeri appunto a 3 anni; l’oncologa Laura Di Noto a 2 anni e 3 mesi, anche se per lei la responsabilità accertata e la pena che passa in cosa giudicata ha avuto un’appendicem la rivalutazione della posizione sotto il profilo delle pene accessorie. Unica assolta per la morte della Lembo era stata appunto l'infermiera Guarnaccia, difesa dall'avvocato Salvino Pantuso.

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