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Palermo, così il clan di Resuttana controllava le imprese di onoranze funebri

L'indagine che ha portato a 18 arresti svela come, attraverso l'imposizione del pizzo, la mafia assoggettasse le aziende. In un dialogo intercettato due affiliati si mostrano indispettiti perché non trovano il titolare chiamato a pagare

Il clan di Resuttana aveva il controllo, esercitato attraverso una stretta imposizione del pizzo, delle imprese di pompe funebri che gravitano attorno all’ospedale Villa Sofia di Palermo. Emerge dall’indagine della Procura del capoluogo che oggi ha portato a 18 arresti.

Diverse intercettazioni svelano le pressioni esercitate dai boss sulle agenzie. In una conversazione registrata due degli indagati, Michelangelo Messina e Sergio Giannusa, si mostrano indispettiti perché, andati a riscuotere la «tassa» del clan, non trovano il titolare. All’impiegato dicono di riferire alla vittima che non avrebbe più lavorato. «Gli dici che se ne vanno, se ne devono andare tutti, si stannu a casa», dicono. Sempre da un’intercettazione emergono i problemi nella riscossione del pizzo che il clan ha per le difficoltà economiche di una impresa. «Ti posso dare 500 euro ora. Siccome ho due morti, fammi incassare», chiede la vittima al boss.

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