«Mi hanno dato un po’ di eroina buona, volevo che tu la provassi per vedere com’era. Se era buona, se era la solita o l’avevano cambiata. Per il taglio, capito?». Nel tossico e altolocato giro di droga attorno a Mario Di Ferro, lo chef di Villa Zito finito ai domiciliari la scorsa settimana con l’accusa di spaccio per avere rifornito di cocaina alcuni vip della città, a cominciare dall’ex presidente dell’Assemblea regionale Gianfranco Miccichè (che non è indagato e che ha affermato di avere sniffato in passato), spunta anche l’eroina.
L’invito a provare la sostanza arriva per telefono il 28 gennaio scorso e viene formulato dal cuoco a un amico musicista, che non accetterà la proposta. L’intercettazione del colloquio è contenuta nell’ordinanza di custodia firmata dal gip Antonella Consiglio con la quale il 29 giugno sono finiti in carcere i fratelli Salvatore e Gioacchino Salomone, ritenuti i fornitori di Di Ferro, indagati assieme allo chef e a tre impiegati del locale di via Libertà per i quali il giudice ha disposto misure attenuate. E proprio tra i dipendenti di Bar lo smercio di droga è stato vissuto con disagio. Alcuni di loro, però, si sarebbero prestati a ricevere le consegne di roba o a portare le dosi a domicilio, anche a casa di Micciché, che a volte ha raggiunto Villa Zito con l’auto dell’Ars dotata di lampeggiante.
Un’altra vettura blu con lampeggiante, un’Alfa Romeo Stelvio, sarebbe stata usata da Giancarlo Migliorisi, ex capo della segreteria tecnica del presidente dell’Ars, che in diverse occasioni avrebbe raggiunto Villa Zito o la casa di Di Ferro, in via Petrarca, per ricevere la cocaina. Droga, che secondo gli inquirenti, sarebbe stata destinata a Miccichè.
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