«Ho sempre ammesso di aver fatto uso di cocaina in passato. Ma non l’ho mai fatto da presidente dell’Ars. A 70 anni, se sniffassi, sarei già nella tomba. Quando sono stato intercettato, ero senatore. Non sono accusato di nulla e non sono indagato. Il mio nome non si poteva e doveva scrivere. Dicono che andavo a Villa Zito per comprare droga ma non c’entro niente con questa vicenda. È stato uno sputtanamento che sta facendo soffrire mia moglie e le mie figlie». Lo afferma Gianfranco Miccichè sull’inchiesta della Procura di Palermo su un presunto spaccio di droga nella Palermo bene. L’ex presidente dell’Ars, che non è indagato, ne parla in interviste ai siti dei quotidiani Repubblica e Corriere della sera, sottolineando di non volere sottoporsi a un test antidroga.
«Non devo dimostrare niente a nessuno - sostiene Miccichè - se anche domani mi facessi un tiro di cocaina, non è reato e sarebbe solo un problema mio. Queste iniziative sono solo demagogia. Sono una persona onesta, ho la coscienza a posto. Non ho mai rubato un euro e faccio bene il mio lavoro. Quand’anche una volta ogni tre mesi mi offrissero un tiro, sarebbero solo fatti miei».
Sulla pubblicazione delle intercettazioni e sul nome accostato all’inchiesta l’ex presidente dell’Ars si interroga: “Mi chiedo: si potevano fare, visto che a fine 2022 ero senatore? Si possono pubblicare oggi? È una cosa da Paese civile? Vorrei non dirlo io ma leggerlo su un grande giornale. Comunque, perché esce il mio nome?».
E sulle sue frequentazioni nel ristorante a Villa Zito spiega che «tutti sanno a Palermo che io mangio ogni giorno» lì. «Forse non tutti sanno che - aggiunge - c’è sempre un tavolo per me. E quando lascio Palermo avverto. Per evitare che gli resti un tavolo vuoto. Accadde quel novembre. Devo aver detto cinque giorni. Ma riferiti a una partenza per Milano, a un soggiorno a Gardone Riviera, Villa Paradiso, camera 142. Ecco la fattura dell’albergo, per fortuna conservata, trovata dalla mia segretaria. E sulle carte scrivono che non partivo mai».
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