Palermo

Domenica 24 Novembre 2024

Palermo, le videochiamate del boss dal carcere: ecco a chi dettava gli ordini Sorrentino

Era recluso a Rebibbia e comandava come se niente fosse. Il potere di Salvatore Sorrentino, detto «Salvino» ma conosciuto anche come lo «studentino», non era stato scalfito nemmeno in cella. Nipote di Francesco Paolo Barone, appartenente alla famiglia di Pagliarelli e reggente pro tempore del mandamento, Sorrentino era stato arrestato per la prima volta nel 2005, assolto e scarcerato nel 2007, ma un anno dopo era di nuovo in galera con una condanna a 8 anni e 5 mesi per associazione a delinquere di stampo mafioso. Secondo gli inquirenti, è lui il capo indiscusso della famiglia del Villaggio Santa Rosalia «relazionandosi - scrive il gip Walter Turturici - con Settimo Mineo per gestire le attività delittuose nel territorio di competenza» ma mantenendo ottimi rapporti anche con Giuseppe Calvaruso, soprannominato «U curtu», l'erede di Mineo, finito pure lui dietro le sbarre. Una leadership ribadita durante i colloqui nel carcere romano tanto da impartire gli ordini da distribuire ai picciotti con un linguaggio in codice ad uso e consumo del figlio Vincenzo, di 22 anni, anche lui arrestato nel corso dell’operazione condotta ieri a Palermo dalla guardia di finanza. Il «delfino» del boss era la voce ufficiale del capo verso i componenti della famiglia mafiosa del Villaggio Santa Rosalia, ma le disposizioni su come regolarsi arrivavano perfino con le video-chiamate concesse durante la pandemia. Il Covid, infatti, si era trasformato in un'opportunità per convocare summit ai quali, oltre ai familiari autorizzati, partecipavano alcuni tra gli affiliati come Ciccio, Francesco ed Anthony Maniscalco; Maria Mazzè, moglie di Andrea Ferrante; Morris Morgan Cardinale; Leonardo Marino e la moglie Miriam Giunta e Giuseppe Marsalone coinvolti nell’operazione di ieri. «I contenuti dei dialoghi intercettati nel carcere di Rebibbia - si legge nell’ordinanza - consentivano di acquisire straordinari elementi di conferma della capacità del capofamiglia detenuto di mantenere un incisivo controllo sulle dinamiche economico-mafiose del territorio di sua storica pertinenza e di impartire direttive da indirizzare, tramite il figlio Vincenzo, agli altri sodali del mandamento di Pagliarelli. Nel corso del colloquio, infatti, venivano accertati alcuni episodi, principalmente riguardanti un'iniziativa imprenditoriale relativa all'avvio di una nuova attività commerciale di bar e caffetteria in via Carmelo Lazzaro». Ma le videocall hanno confermato anche il ruolo attivo di Vincenzo Sorrentino «quale portavoce e supplente del padre indispensabile per consentire a quest'ultimo di continuare ad esercitare la propria leadership nonostante lo stato di detenzione».

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