Palermo

Sabato 23 Novembre 2024

Palermo, i viaggi dei bimbi erano legali: assolti l'ex campionessa ucraina di vela e altri tre

Una foto d'archivio mostra Larysa Moskalenko, vincitrice della medaglia di bronzo nella vela alle olimpiadi di Seul 1988

L’accusa pesantissima era di far parte di un’organizzazione criminale che rapiva bambini coinvolti in una disputa di divorzio per restituirli in cambio di centinaia di migliaia di euro ai genitori affidatari ai quali erano stati sottratti. Per questo motivo Larysa «Larissa» Moskalenko, 60 anni, velista ucraina che fu medaglia di bronzo sotto la bandiera dell’Urss a Seul 1988 nella classe 470 e trapiantata da tempo a Palermo, era finita in carcere nell’ottobre del 2013: assieme ad altri sei era stata ritenuta responsabile di sequestro di persona, sottrazione di minore all’estero, detenzione d’armi e associazione a delinquere finalizzata alla tratta di esseri umani. Ma ora la vicenda si è sgonfiata come una bolla di sapone, tanto che il tribunale del capoluogo, presieduto da Bruno Fasciana, ha assolto l’ex atleta e gli altri imputati perché il fatto non sussiste. Ad essere scagionati, con Larysa Moskalenko, anche il norvegese Maartin Vage, titolare dell’agenzia di sicurezza Abp World Group, il tassista Luigi Cannistraro e lo skipper Antonino Barazza, che erano stati indicati come gli altri componenti del gruppo con cui l'ex campionessa avrebbe messo in piedi il presunto sequestro dei minori. Secondo l’inchiesta, il ruolo della velista ucraina sarebbe stato quello di fornire l’appoggio logistico e i mezzi alla società internazionale che avrebbe arruolato perfino veterani dei corpi speciali per portare a termine le operazioni. Il modus operandi sarebbe stato sempre lo stesso: la Sicilia era una sorta di terra di passaggio per i piccoli contesi che, dopo essere stati prelevati nel Maghreb, sarebbero stati portati nell’Isola con barche potentissime e da qui trasferiti in aereo nei Paesi scandinavi, dove li avrebbero accolti i genitori disposti a pagare grosse somme di denaro pur di riabbracciare i propri figli. Le indagini erano partite dall’incendio dell’hotel Portorais di Villagrazia di Carini, appiccato nella notte tra il 28 e il 29 maggio del 2012. La storia sembra la trama di un film con al centro la Abp World Group, l’azienda con sede legale a Malaga che faceva capo al norvegese Martin Waage, ex militare ed ex paramedico, che aveva messo su una squadra che operava in tutto il mondo. Dalle conversazioni intercettate i carabinieri avevano scoperto che Larysa Moskalenko gestiva un’agenzia di noleggio di barche che, in base alla ricostruzione degli inquirenti, sarebbero state messe a disposizione «con gli skipper di fiducia ed altri strumenti logistici per l’organizzazione e la concreta esecuzione del rapimento e del trasporto clandestino di minori dal Nord Africa verso Paesi europei». Contestazioni che Larysa aveva rispedito al mittente già davanti al gip («Pensavo fosse tutto lecito, anzi credevo che si trattasse di un’azione umanitaria») che sono state ribadite dall’intero collegio difensivo degli imputati, composto dagli avvocati Giuseppe Seminara, Antonino Gattuso, Giulia e Marco Clementi e Massimiliano Di Giorgi, nel corso del processo. Alla fine i legali hanno convinto la Corte che l’agenzia si muoveva all’interno di confini legali: era in possesso di salvacondotti riconosciuti da autorità politiche e di polizia internazionali, le armi utilizzate erano pistole giocattolo e l’unico compito degli addetti alla sicurezza era quello di fare da scorta a quei genitori che avevano il diritto di riabbracciare i propri bambini.

leggi l'articolo completo