La deposizione di Oscar Camps, sentito per due ore e mezza a Palermo all’udienza del processo a Matteo Salvini, segna uno spartiacque per la difesa e le parti civili, seppure da punti di vista opposti. Per l’avvocato Giulia Bongiorno la testimonianza del fondatore di Open Arms «fa emergere che la nave spagnola non fu abbandonata come è stato sempre detto» ma «quasi coccolata» e questo smonta «il capo d’imputazione dell’accusa». Le parti civili invece sostengono che le richieste d’aiuto fatte da Camps all’allora cancelliera tedesca Angela Merkel dimostrano che non c’era alcuna intenzione da parte della ong di aggirare le disposizioni delle autorità per approdare a tutti i costi a Lampedusa. Proprio la corrispondenza tra Camps e Merkel è stato il colpo di scena dell’udienza di oggi. A sorpresa, Camps ha parlato dello scambio di mail con la Merkel, per il tramite dell’ambasciatore tedesco a Madrid. Tre i messaggi in tedesco inviati da Camps all’indirizzo elettronico della cancelliera tedesca: il 5, il 7 e il 16 agosto del 2019. Su richiesta della difesa, le mail sono state acquisite dai giudici. Non è stata invece consegnata la mail di risposta di Merkel a Camps. «Non posso rivelarne il contenuto, posso dire che è intervenuta nei confronti del Parlamento europeo», ha detto il patron dell’ong fuori dall’aula. Aggiungendo. «Ho scritto anche al presidente Macron, ho ricevuto la risposta del suo ufficio di gabinetto, ma anche questa è privata». A conclusione dell’udienza il pm Gery Ferrara ha chiesto al presidente del collegio di acquisire la risposta della Merkel o in alternativa di citare il teste. Al centro dell’udienza sono stati i racconti dei testimoni citati dalle parti civili. Imputato per sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio per avere impedito da ministro dell’Interno a Open Arms, nell’agosto di quatto anni fa, di approdare a Lampedusa per fare scendere i 147 naufraghi soccorsi nel Mediterraneo, Matteo Salvini ha ascoltato nell’aula bunker del carcere Ucciardone Oscar Camps, il medico Inas Urrosolo e il primo ufficiale Ricardo Barriuso. I testi hanno raccontato di donne e minori abusati sessualmente, naufraghi con ferite d’arma da fuoco, condizioni igienico-sanitarie disastrose, persone che dormivano sul legno dello scafo in trenta centimetri di spazio, poca acqua potabile. E ancora: l’attesa in mare interrotta quando il Tar accolse il ricorso contro il decreto governativo che vietava l’ingresso nelle acque italiane. Poi la svolta con la decisione del procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, di fare sbarcare tutti a Lampedusa dopo avere verificato di persona il degrado che c’era a bordo. I testimoni hanno riferito di casi di scabbia, tentativi di suicidio, migranti gettatisi in mare nel tentativo di raggiungere a nuoto la terraferma. «Erano tutti provati per una situazione assolutamente insalubre», ha detto Camps ai giudici. Citando il diario di bordo, l’avvocato Bongiorno ha contestato le caratteristiche tecniche della nave spagnola, perché la certificazione iberica fissava in 19 il numero massimo di persone che poteva trasportare. Invece aveva 19 uomini di equipaggio e 147 migranti. Camps ha obiettato che «bisogna distinguere fra trasporto e salvataggio, per il soccorso non esistono limiti e i naufraghi proprio per questioni di sicurezza devono essere condotti nel porto vicino più sicuro, che Roma non ha mai indicato» mentre per raggiungere i due porti messi a disposizione dalla Spagna «occorrevano dai tre ai cinque giorni di navigazione» e anche se le condizioni meteo-marine erano buone le condizioni di stress, sanitarie e igieniche a bordo non lo consentivano. La prossima udienza di terrà il 7 luglio. Ci sono ancora circa 80 testimoni da sentire, il presidente Roberto Murgia ha suggerito alle parti di sfoltire gli elenchi perché al ritmo attuale il processo si concluderebbe fra tre anni e ha proposto di fissare due udienza al mese, anziché una, a partire da settembre-ottobre.