
«L’adozione di simbolismi condivisi con la Black Axe - che rinviano alla storia di liberazione degli schiavi - e l’impiego di metodi violenti ai danni degli associati per la risoluzione di contrasti interni, non sono di per sé sufficienti a connotare l’associazione New Black Movement come “mafiosa”, come pure i riferimenti all’appartenenza ad un clan, che emergono dalle conversazioni intercettate»: è uno dei passaggi della motivazione della sentenza della Corte di Cassazione che ha confermato in via definitiva l’assoluzione dal reato di associazione mafiosa per cinque degli imputati coinvolti nell’inchiesta sulla banda che agiva a Ballarò e che - come hanno dimostrato i difensori - erano parte di un’organizzazione che ha fini umanitari e filantropici.
Ecco la spiegazione che dà la Cassazione sul verdetto che ha confermato l’assoluzione decisa dalla corte di Assise di appello del 15 marzo 2022 nei confronti di Muhammed Abubakar (difeso dall’avvocato Cinzia Pecoraro), di Ken Osayande (avvocato Rocco Chinnici), Festus Pedro Erhonmosele (un ingegnere, difeso da Antonio Pecoraro), Osahenagharu Uwagboe (avvocato Giovanni Rizzuti) e Isiguzo Tochi Kingsley Chima (difeso da Salvatore Sieli, che resta sotto processo per un’accusa di violenza sessuale).
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