«Mi auguro che non lo rimettano in libertà, è un pericolo per tante altre bambine - dice Giusy, la mamma della dodicenne aggredita ieri al Villaggio Ruffini di Palermo -. Mia figlia è stata fortunata, ma è molto scossa e nei prossimi giorni non andrà a scuola. Cosa sarebbe successo se non fosse sopraggiunta quella signora?».
Parla con il Giornale di Sicilia la mamma della seconda ragazzina molestata mentre andava a scuola, la Borgese, dall’uomo preso in quasi flagranza dalla polizia, dopo l’aggressione avvenuta al Villaggio Ruffini. È un racconto carico di emozioni, di paura, che comincia da quella telefonata ricevuta, che le ha gelato il sangue. «Non si allarmi, siamo con sua figlia, deve venire», le ha comunicato una voce femminile che, sebbene rassicurante, l’ha fatta piombare nel panico.
La signora è scesa da casa e ha raggiunto con il fiato in gola la zona della scuola della sua bambina, dove c’era un gran trambusto. Le volanti della polizia erano già arrivate e un capannello di gente era assiepato davanti a un esercizio commerciale dove l’aggressore di sua figlia veniva trattenuto. «Ho chiesto di poterlo vedere - racconta - ma lo stavano portando via. Questi episodi non devono succedere, ma ora non può passarla liscia. I cittadini non possono e non devono farsi giustizia da soli».
Quando è intervenuta la signora che ha aiutato la piccola, l’aggressore le avrebbe risposto che «era pazza» e che lui non stava facendo nulla di male. Ma dal racconto fatto ai genitori e poi agli investigatori della squadra mobile, la paura sarebbe stata più che giustificata. «L’ha rincorsa e presa da dietro per il braccio - aggiunge Giusy -. Quali fossero le sue intenzioni non lo sappiamo, ma di certo se si vuole chiedere un’informazione non si aggredisce fisicamente una ragazzina. Mia figlia è mingherlina, esile: sarebbe stato facile sopraffarla».
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