Palermo

Domenica 24 Novembre 2024

Giardinello, condannati anche in appello i due allevatori che avevano denunciato l'avvocato

Il Palazzo di giustizia di Palermo

Confermate anche dalla quarta sezione della Corte d’appello, presidente Vittorio Anania, le condanne per gli allevatori di Giardinello Vito e Salvatore Abbate, di 74 e 45 anni, rispettivamente a 4 e a 3 anni di reclusione, per i reati di pascolo abusivo, rapina, minacce ed estorsione, aggravate dal metodo mafioso, oltre a un risarcimento di 10 mila euro e al pagamento delle ulteriori spese processuali. I due, padre e figlio, avevano denunciato l’avvocato Fabio Tringali per il reato di riduzione in schiavitù, in maniera da entrare in possesso di un terreno di cui era proprietario a Partinico. Una volta del tutto scagionato da quelle accuse fondate sulle testimonianze dei due Abbate, Tringali era passato al contrattacco e già la sentenza di primo grado, pronunciata nel dicembre del 2021 dalla terza sezione del Tribunale, aveva dato ragione all’avvocato, mettendo nero su bianco l’atteggiamento vessatorio e violento che i due allevatori avrebbero riservato al professionista. Gli Abbate avevano accusato il legale, sostenendo che questi avesse segregato e costretto a vivere in condizioni di degrado un cittadino indiano allora di 38 anni, che lavorava nelle sue campagne. Pure l’uomo aveva raccontato che, dopo cinque mesi di presunta prigionia, sarebbe riuscito a fuggire dalla tenuta, dove l’avvocato lo avrebbe rinchiuso, privandolo del cellulare e dei documenti. Per questo motivo Tringali era stato arrestato, nel 2010: prima era andato in carcere e poi ai domiciliari fino all’assoluzione con sentenza definitiva. E a ulteriore riprova del fatto di come fosse stato vittima di un errore giudiziario, era stato anche risarcito per l’ingiusta detenzione sofferta. Tringali, difeso dai colleghi Mario Bellavista e Giovanni Rizzuti, aveva sempre respinto ogni accusa e dopo quella settimana in cella, i 4 mesi agli arresti domiciliari e il rinvio a giudizio, l’11 dicembre del 2014 era stato assolto perché il fatto non sussiste. La stessa Procura non aveva presentato ricorso, la sentenza era diventata definitiva e i difensori avevano chiesto l’indennizzo, ammesso a luglio del 2020 dalla Corte d’appello: 36 mila euro. Nel frattempo, dopo l’assoluzione di Tringali, Vito e Salvatore Abbate avrebbero cominciato a perpetrare furti ai suoi danni per proseguire con minacce e violenze che gli investigatori hanno avuto modo di accertare: inoltre, in più occasioni, avrebbero portato i loro animali nel terreno di proprietà dell’avvocato, distruggendo parte della recinzione che ne delimita il confine e danneggiando alberi di ulivo e piante nonostante le sue lamentele. Per questo motivo gli Abbate erano finiti ai domiciliari nelle loro abitazioni di Giardinello, con il divieto di trasferire gli arresti in casa a Partinico, per non stare nella stessa zona in cui abitava la persona offesa. I due allevatori, da accusatori, si erano così trasformati in accusati e infine condannati in primo grado, adesso anche in appello.

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