Si erano dati appuntamento in via Petrarca e quando la squadra mobile è intervenuta li ha colti in flagrante, mentre avveniva la cessione di 3 grammi di cocaina dietro il corrispettivo di 300 euro. Nel Range Rover c'erano lo chef Mario Di Ferro e Giancarlo Migliorisi, il capo della segreteria tecnica della presidenza dell'Ars, l'assemblea regionale presieduta da Gaetano Galvagno. Il dirigente, trovato in possesso della droga e messo alle strette, ha ammesso di avere chiamato lo chef per prenotare un tavolo e, stando alle accuse, non solo quello. Da quanto si apprende, Migliorisi avrebbe confermato agli investigatori di avere comprato altre volte, dopo essersi accordato telefonicamente, la cocaina da Di Ferro.
Di Ferro, 57 anni, chef del noto locale Villa Zito di via Libertà, il salotto bene della città, è accusato di spaccio di droga. Dopo la convalida del provvedimento, il gip gli ha imposto l’obbligo di dimora a Palermo e quello di presentazione alla polizia giudiziaria. Lo chef si è difeso negando di essere un abituale spacciatore e sostenendo di aver solo accontentato le richieste di un amico e di essere dispiaciuto per quanto accaduto.
Nei guai finisce anche Migliorisi che è stato licenziato da Galvagno. «Apprendo mezzo stampa di fatti che coinvolgono un collaboratore del mio staff in vicende che hanno a che fare con la droga. Al netto della sua professionalità e competenza, ho ritenuto di licenziarlo con effetto immediato», ha detto il presidente dell’Ars Gaetano Galvagno appresa e verificata la notizia che il suo collaboratore è stato sorpreso mentre acquistava cocaina. «Sono sempre stato contro ogni tipo di droga e, proprio la scorsa settimana, insieme ad altri deputati dell’Ars, ci siamo sottoposti al test del capello - ha aggiunto - Il suo gesto è ingiustificabile e va condannato. Pertanto, ho ritenuto di provvedere al suo allontamento dal mio ufficio».
I legali di Migliorisi: «Estraneo a qualsiasi indagine»
Sulla vicenda gli avvocati Daniele Scrofani e Guido Ottaviano, legali di Giancarlo Migliorisi, in una nota precisano: «Il nostro assistito non risulta quale persona sottoposta ad indagini in alcun procedimento e si smentisce categoricamente che egli sia destinatario di provvedimenti restrittivi della propria libertà personale, come invece erroneamente riportato dalla stampa. Inoltre si censura la pubblicazione o comunque la rivelazione di notizie e atti che dovrebbero rimanere sottoposti a segreto d’indagine, questa sola costituendo violazione di norme anche penali. Si prende atto con dispiacere delle dichiarazioni prematuramente rese dalla Presidenza dell’Ars, anch’esse conseguenza del distorto esercizio del diritto di cronaca».
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