Palermo

Sabato 23 Novembre 2024

Palermo, il tam tam dopo l'omicidio del boss: era pronta una guerra di mafia

Il boss ergastolano Giovanni Di Giacomo nelle immagini diffuse dai carabinieri il 19 aprile 2014

A Palermo di una cosa il mondo legato a Cosa nostra, e il tam tam di familiari di affiliati o sospettati di mafia, era certo: dietro l’uccisione di Giuseppe Di Giacomo, il nuovo reggente del mandamento di Zisa-Porta Nuova, c’era la mano della cordata che ambiva al suo ruolo. Le parole di Giovanni Di Giacomo, il fratello della vittima dell’agguato del 12 marzo 2014, erano finite in un’intercettazione dei carabinieri che indagavano sulla cosca anche dopo il suo arresto. E avevano intercettato un telegramma in codice, inviato dal fratello Marcello al detenuto: «Caro Gianni la salute del bambino tutto bene un unico abbraccio, ti vogliamo bene». Parole criptiche dal significato inequivocabile per i carabinieri: in città era tutto pronto per una nuova guerra di mafia che avrebbe squassato la cosca di Porta Nuova pur di vendicare la morte di Giuseppe, assassinato sotto gli occhi del figlio di 8 anni in via Eugenio l’Emiro. Per questo delitto, lunedì è stato arrestato Onofrio Lipari detto Tony, 32 anni: la Direzione distrettuale antimafia - coordinata dal procuratore Maurizio de Lucia e dall’aggiunto Paolo Guido - e i carabinieri del Nucleo investigativo, guidati dal tenente colonnello Salvatore Di Gesare, lo ritengono responsabile materiale della morte di Di Giacomo, decisa da Tommaso Lo Presti detto il Gabibbo o il Pacchione, per il quale però il gip Filippo Serio non ha dato seguito alla richiesta di emissione di un ordine di custodia cautelare. Condannato per mafia con sentenza irrevocabile del 17 aprile 2018 nel processo Iago, Onofrio Tony Lipari è tornato in cella e oggi dovrà comparire davanti al giudice Serio, assistito dal proprio legale, l’avvocato Angelo Formuso, nell’interrogatorio di garanzia. La procura antimafia e i carabinieri hanno ricostruito - grazie a diverse intercettazioni ambientali delle conversazioni dei familiari, di cui una rivelatrice - il ruolo di Tony Lipari nel delitto. E la difficoltà di dover fare i conti con il fidanzamento del figlio di Di Giacomo con una nipote di Lipari: vittima e carnefice uniti drammaticamente dalle vite dei due ragazzi. Una relazione che dura ancora adesso e che - nella conversazione del 13 ottobre 2021 tra i congiunti di Lipari - veniva definita «un campo minato». Lipari è accusato di aver ucciso Di Giacomo per vendicare uno sgarbo che questi avrebbe fatto a Tommaso Lo Presti e per fermarne l’ascesa che aveva già avuto un avallo importante. E qui si torna ancora indietro nel tempo: dopo l’arresto del boss Alessandro D’Ambrogio, con l’operazione «Alexander» del luglio del 2013, Giuseppe Di Giacomo aveva rapidamente preso il suo posto. A comunicargli l’investitura al vertice della cosca sarebbe stato il fratello Giovanni: «C’è un’altra cosa che fuori non la sa nessuno, ad un certo punto dovrà venire fuori – diceva in un’intercettazione – a te ti abbiamo fatto noialtri (cioè i boss detenuti, ndr)». Ma la reggenza di Di Giacomo durò poco. E tra familiari, tra gli affiliati dei diversi clan di Cosa nostra oggi diventati collaboratori di giustizia, si sparse la voce che quel killer solitario che aveva sparato a Di Giacomo mentre era in auto col figlio, e poi lo aveva inseguito per sparargli alle spalle mentre tentava di fuggire a piedi, altri non era che Tony Lipari. Così, la prima conversazione captata dai carabinieri che ascoltavano le parole dei familiari di Lipari, confermano di fatto le conoscenze acquisite: «’U capisti ca l’ammazzò Tony?» «lo hai capito che è stato Tony ad ammazzarlo?», diceva il fratello Salvatore alla moglie. «Ora non so come mi devo muovere...», dato che il figlio di Di Giacomo aveva iniziato una relazione sentimentale con una nipote di Tony. E il padre di Tony, svelando tutto l’imbarazzo che provava davanti alla storia d’amore tra i due ragazzi, rifletteva a voce alta: «Qualsiasi cosa io gli (le, ndr) dico per lasciarlo... mi spavento se questa glielo racconta...». Una confessione in piena regola, per Procura e carabinieri che hanno chiesto e ottenuto l’arresto di Lipari.

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