Procede senza sosta l’attività dibattimentale nel processo a carico di Luana Cammalleri e Pietro Ferrara, rispettivamente ex moglie e migliore amico di Carlo La Duca, l’imprenditore agricolo cerdese, residente a Termini Imerese, scomparso nel nulla il 31 gennaio 2019. I due amanti sono stati arrestati nel marzo 2022, dopo più di tre anni di scrupolose indagini, con l’accusa di aver premeditato, ucciso e nascosto il corpo del trentottenne. Lo scorso mercoledì si è celebrata davanti alla Corte di Assise palermitana un’altra udienza fiume, nell’aula bunker del carcere Pagliarelli, durata quasi 10 ore, durante la quale sono stati sentiti Giuseppe La Duca, il fratello di Carlo, la cognata Roberta e Bobby, il dipendente di origini rumene, molto legato all’imprenditore cerdese. I tre testimoni hanno descritto il «rapporto burrascoso», poco civile, tra Luana e Carlo dopo la separazione. Non si fidavano di Luana per il comportamento poco sereno della donna: tante le tensioni ed i contrasti con la ex moglie. Inoltre, i tre sostengono che, immediatamente dopo la scomparsa, hanno saputo che Carlo era andato dall’amico Piero, il quale però in un primo momento ha negato di aver visto Carlo, ma poi ha fornito un’altra versione: ha ammesso di averlo visto ma aveva in programma un incontro con altre persone per discutere di un progetto legato ad una coltivazione di mandorle. L’udienza «rappresenta un ulteriore passo avanti verso l’accertamento della verità processuale, anche se una parte molto rilevante delle prove a carico degli imputati - ad avviso della difesa di parte civile, sostenuta dagli avvocati Salvatore Pirrone, Fabio Trombetta e Chiara Arpaia - si trova cristallizzata nelle intercettazioni telefoniche ed ambientali effettuate durante le indagini preliminari». Il corpo di Carlo non è mai stato trovato. Dalle complesse attività investigative dei carabinieri del reparto territoriale di Termini Imerese, coordinate dalla Procura paermitana, condotte attraverso intercettazioni, analisi dei tabulati, analisi immagini dei sistemi di videosorveglianza, assunzione di informazioni e acquisizioni informatiche e documentali, è emerso, in via gravemente indiziaria, che i due arrestati, tra di loro legati da una relazione sentimentale di natura clandestina, dopo avere pianificato l’omicidio, avrebbero attirato la vittima a Palermo nel terreno di proprietà del cinquantasettenne per ucciderlo. Poi avrebbero condotto la sua autovettura a circa 12 chilometri di distanza dal luogo del fatto al fine di depistare le indagini. Il processo proseguirà il 21 febbraio, quando saranno sentiti gli ufficiali di polizia giudiziaria che hanno coordinato e svolto importanti attività di indagine.